Porte chiuse, c'è solo un ospite di riguardo
Alle feste dell’Unità tortelli solo per Conte, Schlein suona da sola e snobba il confronto in Parlamento: presente una volta ogni cinque
La segretaria del Pd non brilla per le presenze, da inizio della legislatura a oggi, ha partecipato al 20,94% delle sedute, la più assenteista
E quindi sarà tortello isolazionista, salsiccia con fagioli all’uccelletto in beata solitudine, cocomero rigorosamente antimeloniano, vino bianco assolutamente della casa, ruota della fortuna disponibile per soli militanti che abbiano avuto almeno una tessera di Sel, ballo liscio per coppie di provata fede gruppettara.
Per non indurre in tentazione, bandito il fritto misto, tra le offerte culinarie.
Non che ci sia un comunicato stampa inviato alle agenzie e manco una battuta di Marco Furfaro, che pure è un po’ il Paulo Coelho del gruppo. Neanche un appello all’autoreferenzialità promosso da qualche intellettuale amico, o un dibattito improvvisato in spiaggia, provocato da militanti del Pd. Insomma facciamolo alla chetichella, nessuna rivendicazione pubblica, ditelo a Chiara Gribaudo. Eppure, l’andazzo sarà questo: “Compagne e compagni chiudiamo le porte alle nostre Feste dell’Unità, con la Meloni semmai ci confronteremo in Parlamento, sempre che non si decida di uscire dall’aula”.
Che poi a dirla tutta, anche il confronto in Parlamento non va per la maggiore. La segretaria del Pd non brilla per le presenze, da inizio della legislatura ad oggi, ha partecipato al 20,94% delle sedute, la più assenteista, visto che pure Giuseppe Conte fa un po’ meglio (36,15%), per non dire dei suoi predecessori Enrico Letta (52,34%), e Matteo Renzi (72,95%). Intanto il messaggio inviato alle kermesse del Pd in corso soprattutto in Emilia Romagna, (ma stesso diktat anche alle feste in Lombardia, Toscana e Liguria), è sufficientemente chiaro, non ci sarà nessun esponente della maggioranza, né tanto meno del governo, neanche sui grandi temi internazionali, la pace, l’Ucraina, Putin. Niente di niente, saracinesche abbassate. La stagione bipartisan di Mario Draghi sembra lontanissima. Che è come dire, compagni, la mega tombolata ce la facciamo tra noi, finiamola con la famiglia allargata di Giorgia Meloni e Matteo Salvini (ma sono esclusi anche gli esponenti di Forza Italia), nessun confronto, moglie e buoi (o marito) dei paesi tuoi.
Prevale la logica del muro contro muro, con la destra meglio non averci niente a che fare, “tanto meno far ascoltare le loro ragioni, alla nostra gente”. Che nel suo piccolo, è comunque la fine di un’epoca, e di una formula che nella Prima Repubblica aveva avuto la sua fortuna e che non era tramontata neanche negli anni di Berlusconi, che pure fu il nemico pubblico numero uno.
E fu proprio lui, ad esempio, da editore in odore di craxismo (altra bestia nera) a salire sul palco milanese di una Festa nazionale dell’Unità nel 1986 insieme a Sergio Zavoli e a Walter Veltroni, e poi a tornarci nel 1995, scortato da Massimo D’Alema. Fa sorridere oggi riascoltare le dichiarazioni dell’allora segretario del Pds di Caltanissetta che osò invitare alla festa siciliana dell’Unità, Marco Pannella, da sempre sgradito alla nomenclatura rossa: “Siamo un partito che ama la dialettica ed il dibattito”.
Insomma, archeologia politica, a Firenze addirittura per non correre pericoli, la festa, anzi il festival, lo faranno a domicilio, ovvero itinerante e su un pulmino con gli assessori portati a fare il giro dei mercati, spazi per altri naturalmente non ci sono.
Eppure, i dibattiti nelle arene con gli ‘avversari politici’ sono sempre stati nel variegato palinsesto delle Feste dell’Unità, una delle attrazioni, come la balera nella sala Salvador Allende, ed il banco dei Giovani Democratici con i bomboloni caldi al cioccolato.
Una propensione al dialogo figlia di un’altra epoca e sicuramente di altre classi dirigenti dem, non a caso l’isolamento festaiolo viene stabilito dall’attuale segretaria, che la tessera del Pd l’ha presa il giorno stesso in cui si è candidata alle primarie, e del passato dice “non è roba nostra”.
Che poi le Feste dell’Unità invece avranno un ospite di riguardo: Giuseppe Conte, un alleato con cui è indispensabile stringere rapporti, per lui i ‘tortelli’ sono assicurati.
Anzi l’arrivo del leader 5 stelle a Ravenna (e del capogruppo in Senato Stefano Patuanelli a Bologna, di Roberto Fico e Chiara Appendino nei giorni scorsi a Casalgrande) segnerà il consolidamento dei rapporti tra i due partiti, che ora dovranno affrontare insieme il capitolo delle candidature alle prossime elezioni amministrative del ‘24.
Il primo firmatario della proposta di legge sul salario minimo dovrà poi affrontare il tour delle cucine alla Festa dell’Unità, vero e proprio battesimo del fuoco sul gradimento dell’ospite tra i volontari del Pd.
Elly intanto andrà a ricaricarsi a casa per il weekend, prima della volata finale dell’estate militante. L’arrivo a Zurigo è previsto domani. Da lì si sposterà poi verso Bienne, dove si tiene il congresso dei socialisti svizzeri. Poi sarà a Basilea a presentare “La nostra parte”, un libro firmato dalla segretaria ed edito Mondadori, ma pubblicato più di un anno fa, a febbraio dello scorso anno, che ormai sarà un pezzo da collezione. Gli organizzatori al momento escludono altri concerti della segretaria, dopo Castiglione del Lago, ma certo chissà la tentazione di presentarsi a Sanremo, a febbraio si farà sentire. Per il gran finale con Conte (tendenzialmente previsto il 9 settembre) alla Festa di Ravenna, il leader 5 stelle e la padrona di casa potrebbero intanto esibirsi in un inedito duetto. Come Laura Pausini e Tiziano Ferro, Giuseppe ed Elly in ‘Non me lo so spiegare’: “Scusa, sai, non ti vorrei mai disturbare, Ma vuoi dirmi come questo può finire, nananana”.
© Riproduzione riservata







