Gli interventi da mettere in campo
Appello alla ministra Cristina Messa: l’università va guardata dal basso
Da qualche settimana la ministra dell’Università Cristina Messa ha intensificato la sua attività di comunicazione su giornali e televisioni, rendendo cautamente esplicite alcune linee di governo delle università che dovrebbero caratterizzare la sua politica. Come accade ormai troppo spesso, queste linee prevedono l’introduzione di nuove norme più che l’adozione di buone pratiche: ma le norme richiedono tempo per essere approvate, e poi non è detto che vengano eseguite con efficacia, mentre le buone pratiche di governo sarebbero attuabili immediatamente e produrrebbero effetti concreti sul sistema.
Per individuare le azioni da mettere in campo, però, è necessario osservare il sistema “dal basso”, cioè dalla parte di chi lavora nelle università, perché da questa prospettiva si vedono cose che probabilmente sono meno chiare se osservate dalla poltrona di ministra. Cominciamo da un problema di efficienza delle strutture ministeriali. Nell’intervista al Foglio dell’11 giugno, la Ministra esprime il proposito di incentivare la mobilità anche per chiamata diretta. Per alcune chiamate dirette non occorre introdurre nuova legislazione, perché sono già previste per quei docenti che sono risultati vincitori di un finanziamento competitivo europeo. Giusto: i progetti finanziati dall’European Research Council (ERC) sono valutati da una quindicina di esperti internazionali, che si esprimono anche sulla qualità scientifica e l’affidabilità del ricercatore che si candida. Un sistema molto più selettivo delle abilitazioni e dei concorsi italiani. Quindi giusto che una università possa chiamare direttamente un vincitore europeo: è molto difficile che sia un cattivo professore.
Però la chiamata diretta esige il nulla osta del ministero, e qui il meccanismo si inceppa. Se la Ministra si facesse una passeggiata nei corridoi ministeriali fino all’ufficio che raccoglie le domande degli Atenei e prepara i documenti per la sua firma, scoprirebbe che le pratiche restano sul tavolo di qualcuno per mesi. In un caso che conosco, la richiesta è stata presentata da una università del Nord in febbraio, ma il nulla osta non è ancora arrivato. Una settimana fa, dopo molte insistenze, il Ministero ha chiesto all’Università richiedente di integrare la documentazione della domanda con l’attestazione che il docente in questione abbia davvero vinto il finanziamento ERC. Ma se il documento mancava (e mi pare molto improbabile) perché richiederlo dopo quattro mesi di silenzio? E poi i vincitori dei finanziamenti ERC sono pubblici e la documentazione si trova sul sito dell’agenzia europea. Ma allora l’ufficio del Ministero che deve vagliare le domande di nulla osta per le chiamate dirette di vincitori ERC non sa consultare il sito dell’Agenzia ERC?
In generale, questi uffici nulla osta del Ministero non devono essere molto efficienti. La mia università ha chiesto il nulla osta per conferire la laurea honoris causa a un professore americano, ma aspetta la risposta da molti mesi. Telefonate, sollecitazioni, ma la cartellina con il foglio per la firma della ministra non è ancora pronto, chissà perché. Anche in questo caso la passeggiata ministeriale aiuterebbe: se la ministra andasse a vedere che succede nell’ufficio competente troverebbe una cartellina impolverata sul tavolo di un funzionario. Magari potrebbe firmare il nulla osta lì, tanto per evitare di perdere altri mesi.
Se guardiamo il sistema dal basso, dunque, non sembra proprio che il Ministero segua i propositi espressi dalla Ministra. Lei dichiara di voler incentivare l’internazionalizzazione e la mobilità dei docenti, ma i suoi uffici non rispondono ne sì né no alle richieste che vengono dalle università. Semplicemente, fanno i ministeri, cioè tacciono e non agiscono. Dunque se il proposito di incentivare mobilità e chiamate dirette è sincero, la prima cosa da fare è rendere più rapido il percorso ministeriale. La seconda cosa è agganciare alla chiamata anche le risorse necessarie. Oggi molti docenti vedono con fastidio le chiamate dirette perché sottraggono agli Atenei e ai Dipartimenti le poche risorse disponibili, distribuite a prezzo di estenuanti trattative.
Chi viene da fuori sconvolge questi equilibri, perché grava sulle risorse interne degli Atenei. Poiché i vincitori di progetti competitivi europei sono solo alcune decine l’anno, la Ministra dovrebbe decidere di sostenere le chiamate dirette assegnando risorse aggiuntive alle università che assumono vincitori di finanziamenti ERC. Così le università farebbero a gara per avere più chiamate dirette e offrire spazi a chi ha avuto la capacità di superare la durissima selezione delle procedure europee.
La professoressa Messa è una donna che ha saputo farsi strada in un mondo maschile, è una studiosa seria e stimata, ha grande esperienza come ricercatrice, docente e rettrice di un grande Ateneo. Perciò è probabile che sappia che di regola non sono le grandi riforme, ma i piccoli interventi concreti che producono efficienza e crescita.
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