Il pm della Dda di Palermo nel mirino
Campagna di Repubblica, Corriere e Fatto contro Dario Scaletta: i giornali vogliono Woodcock al Csm
In questi giorni sta andando in scena una riedizione, con la classica campagna mediatica a contorno, della nota vicenda dell’hotel Champagne che all’epoca aveva costretto alle dimissioni ben cinque consiglieri del Csm, determinando così un ribaltone degli equilibri a Palazzo dei Marescialli. A finire nel mirino dei ‘giornaloni’, con l’aggiunta del Fatto Quotidiano, è stato questa volta il pm della Dda di Palermo Dario Scaletta, eletto lo scorso settembre con 729 voti al Csm in quota Magistratura indipendente, il gruppo di ‘destra’ delle toghe.
Ma cosa avrebbe fatto di così grave Scaletta, fino all’altro giorno sconosciuto alle cronache, per meritare l’attenzione del Corriere e di Repubblica, i quotidiani più importanti del Paese che nel maggio del 2019 fecero esplodere il Palamaragate, pubblicando atti riservati della Procura di Perugia? Bene, il pm siciliano sarebbe indagato per abuso d’ufficio, un reato che non si nega a nessuno, a Caltanissetta. L’accusa, in particolare, è quella di aver ‘segnalato’ nel 2014 la nomina del cognato per un incarico giudiziario all’allora presidente della sezione misure di prevenzione Silvana Saguto, poi radiata dalla magistratura proprio per il modo in cui gestiva tali procedure. L’indagine, incredibilmente ancora pendente a distanza di otto anni, è stata riesumata adesso per ‘spingere’ Scaletta alle dimissioni prima dell’insediamento al Csm, previsto per il mese prossimo, a causa della scure disciplinare che è pronta ad abbattersi sulla sua testa.
I quotidiani, sempre ben informati, hanno infatti scritto di una imminente “trasmissione degli atti” da parte della Procura di Caltanissetta, diretta da Salvatore De Luca, notoriamente vicino all’ex procuratore di Roma e ora presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone, alla Procura generale della Cassazione diretta da Luigi Salvato, presente nelle chat di Luca Palamara per le nomine, vicino alla sinistra giudiziaria come il suo predecessore Giovanni Salvi di cui è stato il braccio destro. Finendo sotto procedimento, la permanenza di Scaletta al Csm sarebbe quindi quanto mai “inopportuna”, anche se in passato ci sono stati magistrati, come Roberto Rossi, attuale procuratore di Bari, che da consiglieri del Csm affrontarono un disciplinare senza essere costretti alle dimissioni.
Il sospetto, allora, è che si voglia sovvertire il risultato delle urne, che ha visto il successo delle toghe di destra, con una indagine penale ‘a scoppio ritardato’. In caso di dimissioni di Scaletta, il suo posto verrebbe preso da Henry John Woodcock, pm napoletano da sempre ben visto dalla parti del Fatto Quotidiano e con discrete entrature a Largo Fochetti e in Via Solferino. Contro tale potenza di fuoco mediatica, il destino di Scaletta sembra essere segnato, tranne che la sua corrente, almeno questa volta, non prenda una decisa posizione chiedendo che venga fatta chiarezza su tutte le nomine dei parenti di magistrati fatte nella vicenda Saguto, in quella di Antonello Montante e di Piero Amara. Per evitare, come accaduto con Palamara, che paghi uno per tutti.
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