La candidatura del pm
Woodcock, il Pm dei trojan e della gogna ora sogna il Csm
Date una poltrona a questo Pm. Non è il titolo di un film, magari lo fosse. Henry John Woodcock dopo aver incassato la sconfitta di Reggia Emilia, ora punta in alto, al plenum: vuole il Csm. Ha presentato la candidatura per le prossime elezioni dei componenti togati dell’organo di rilievo costituzione presieduto dal Capo dello Stato. Elezioni in programma il 18 e 19 settembre. Una candidatura alquanto provocatoria visto che la carriera del pm dal cognome straniero è costellata da più ombre che luci.
Una candidatura magari avanzata per evitare altri casi giudiziari imbarazzanti come quello di Nocera: essere eletto quindi per difendere se stesso ed evitare di dover indagare chi lo indaga, salvo poi ritrovarsi di fronte all’ennesima archiviazione. Ma Woodcock è deciso e si è detto “assolutamente indipendente” e “svincolato da qualsiasi corrente”. Poi ha precisato: “Questo non comporta affatto da parte mia un giudizio negativo sull’associazionismo nelle sue articolazioni. So che solo il dibattito e le oneste battaglie delle idee possono produrre quella crescita culturale e professionale di cui tanto si avverte il bisogno”. Si avvertirebbe il bisogno anche di altro… per esempio di magistrati più attenti alle prove raccolte e, come auspicava Melillo, pronti a “procurarsi la fiducia perfino dell’imputato”.
Fa particolarmente sorridere una sua dichiarazione nella quale si augura che “l’organizzazione giudiziaria rispetti i principi di efficienza, tenendo tuttavia bene a mente che il processo efficiente non è quello veloce ma quello giusto”; disse colui che utilizzava a suo piacimento le intercettazioni (a strascico ovviamente) oggi valide e domani no. Decideva lui. Disse anche il Pm che ha collezionato solo Dio sa quante inchieste flop lanciate come scoop dell’anno con nomi e foto degli indagati in prima pagina, salvo poi finire con raffiche di assoluzioni. Ma Woodcock folgorato sulla via di Damasco, è diventato anche garantista: e, infine spera che siano riviste le regole del procedimento disciplinare, “oggi tutt’altro che garantiste: il magistrato che sbaglia deve essere punito – ha concluso Woodcock – ma attraverso una procedura davvero giurisdizionale come, del resto, è previsto dalla legge”. Quindi, magari si potrebbe iniziare da lui.
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