Ci risiamo. La nuova maxi inchiesta da prima pagina del pm napoletano Henry John Woodcock si è già sciolta come neve al sole. Era un po’, a dire il vero, che non si avevano notizie di indagini da parte del pm anglo-napoletano. Questi, comunque, i fatti. Secondo la procura di Napoli, i vertici dell’università telematica Pegaso, nata nel 2006 e forte attualmente di centomila iscritti e ben seicento enti convenzionati, fra cui l’Arma dei carabinieri, sarebbero riusciti a far votare un emendamento nella scorsa legge di Bilancio che cambiava il regime fiscale nei confronti degli atenei privati. Il motivo? La successiva vendita del 50 percento delle quote societarie ad un fondo americano.

Il reato ipotizzato è quello di corruzione, un reato “passpartout”, come l’abuso d’ufficio, e ultimamente anche il traffico d’influenze, che non si nega a nessuno. I vertici dell’ateneo telematico avrebbero trovato per il loro disegno criminoso una sponda a Roma. Oltre che al Miur, anche al Consiglio di Stato, chiamato a dare un parere consultivo sulla norma poi approvata dal Parlamento. Fra gli indagati eccellenti, il presidente della Pegaso, Danilo Iervolino, difeso dagli avvocati Vincenzo Maiello e Giuseppe Saccone, il direttore generale Elio Pariota, anch’egli difeso dall’avvocato Saccone, il capo ufficio marketing Maria Rosaria Andria, il vice prefetto Biagio Del Preto, all’epoca dei fatti capo segreteria del Miur, e alcuni professionisti. Indagato anche il professore Francesco Fimmanò, che ha avuto la sfortuna, di rappresentare l’università nel procedimento innanzi al Consiglio di Stato sezione consultiva. Non noto il nome del giudice del Consiglio di Stato che avrebbe avallato il parere “pro Pegaso”.

Il prezzo della corruzione sarebbe consistito in un weekend nella ridente località montana di Pescocostanzo e nella partecipazione al Comitato scientifico di un master dell’università. Le indagini sono state condotte dalla guardia di finanza per oltre un anno con l’utilizzo massiccio di intercettazioni di ogni tipo. Volevano ad ogni costo sapere se davvero quei brutti ceffi erano stati a Pescocostanzo e se si erano divertiti e quanto si erano divertiti. Nei giorni scorsi, però, il Riesame di Napoli, presidente Alfonso Sabella, ha annullato tutti i sequestri dei cellulari e dei tablet che erano stati eseguiti dagli inquirenti, ritenuto assente il cosiddetto “fumus”. Va detto che è molto inusuale che venga annullato un decreto sequestro probatorio che, per sua natura, si fonda su ipotesi indiziarie minime.

Ciò lascia capire, come dichiarato da uno dei difensori degli indagati, il «contesto di sconcertante debolezza» dell’impianto accusatorio. In attesa di conoscere le mosse della procura, gli indagati hanno chiesto lo spostamento del fascicolo a Roma. «Non v’è una sola circostanza della ipotesi di reato che potesse essere potenzialmente commessa nel circondario del Tribunale di Napoli. Il Parlamento italiano è a Roma, come pure il Miur e ogni altro Ministero, come pure il Consiglio di Stato, come pure le Commissioni parlamentari e come pure per il ruolo era Del Prete», si legge in una nota. Sul fronte delle indagini condotte da Woodcock vale la pena a questo punto ricordare il numero incredibile di assoluzioni e proscioglimenti. Fra i casi più eclatanti, il cosiddetto “Vipgate”: un’inchiesta partita nel 2003 che coinvolse a vario titolo settantotto persone tra cui i politici Franco Marini, recentemente scomparso, Nicola Latorre, Maurizio Gasparri, Francesco Storace, il diplomatico Umberto Vattani, il cantante Tony Renis e la conduttrice tv Anna La Rosa.

Le accuse terribili (associazione per delinquere per la turbativa di appalti, corruzione, estorsione e tante altre) vennero archiviate dal Tribunale di Roma, a cui l’inchiesta era stata trasferita per competenza. Poi “Iene 2” che nel 2004 ipotizzò un sodalizio tra esponenti politici lucani e criminalità organizzata e finì con cinquantuno arresti respinti. Quindi il mitico “Savoiagate” con l’arresto fra gli altri del figlio del re Umberto di Savoia, Vittorio Emanuele, per associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, alla corruzione e alla concussione. Approdata l’inchiesta a Como, vennero tutti assolti perché il fatto non sussisteva. Ma vedi un po’.

Segue “Vallettopoli”, un giro di ricatti nel mondo dello spettacolo. Fra gli indagati, Elisabetta Gregoraci, il portavoce del presidente Gianfranco Fini Salvatore Sottile, Lele Mora, l’allora ministro Alfredo Pecoraro Scanio. L’inchiesta, come si ricorderà, arrivò al Tribunale dei ministri di Roma e venne chiusa con archiviazioni di massa. Voi dite: beh, poi basta. Macché, c’è ancora l’indagine sulla super loggia segreta P4, quella massoneria lucana e, da ultimo, il procedimento Consip. Questa inchiesta costò un procedimento disciplinare al Csm da cui Woodcock è stato completamente assolto e una citazione nel libro di Luca Palamara.

Abbastanza inquietante la citazione, perché riguarda anche il vicepresidente del Csm Legnini, e una intercettazione fantasma, e il rischio che questa intercettazione facesse scandalo, e la decisione di chiudere tutto in fretta. Un must, considerando il successo clamoroso del libro, giunto alla terza ristampa e con l’edizione in lingua inglese e la docuserie in pista di lancio.