«È tutto vero. Non sono un mitomane. Gli episodi riportati nel libro sono realmente accaduti», ha dichiarato al Riformista Luca Palamara. All’indomani dell’uscita del suo libro-intervista Il Sistema sono arrivate puntuali le querele e le smentite da parte dei personaggi chiamati in causa dall’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Fra i primi a replicare alle “accuse” c’è l’ex aggiunto della Capitale Giuseppe Cascini, attuale consigliere del Csm ed esponente di punta della sinistra giudiziaria. Cascini viene citato nel libro a proposito del disciplinare a carico del pm napoletano Henry John Woodcock. Questa la ricostruzione di Palamara.

Il 5 luglio 2018 la consiliatura del Csm sta volgendo al termine. Cascini, alla vigilia del voto per il rinnovo del Plenum di Palazzo dei Marescialli, chiama Palamara e lo avvisa che esiste una intercettazione telefonica fra Giovanni Legnini e l’ex ministro Paolo Cirino Pomicino. Nella telefonata il vice presidente del Csm avrebbe espresso giudizi molto pesanti nei confronti di Woodcock. Il pm napoletano, in quel momento sotto procedimento disciplinare al Csm, sarebbe intenzionato a far arrivare questa intercettazione ai giornali per dimostrare la non imparzialità di Legnini. Una mossa che metterebbe in pessima luce il vice presidente che presiede il collegio, di cui fa parte Palamara, e che a breve emetterà la sentenza.

Cascini, allora, avvisa il collega che è meglio che il procedimento disciplinare si fermi. L’ex presidente dell’Anm si consulta con il suo capo, il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, che gli conferma tutto. Il procedimento a carico di Woodcock, accusato di aver violato il dovere di imparzialità, correttezza e diligenza nella gestione dell’indagine Consip, in quelle settimane si stava mettendo male per il diretto interessato. L’allora procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo gli aveva contestato, in particolare, le modalità dell’interrogatorio di Filippo Vannoni, il presidente della municipalizzata fiorentina Publiacqua.

Indicato da Luigi Marroni, l’ex ad di Consip, come uno dei soggetti che lo informarono dell’indagine di Woodcock, Vannoni, dopo aver chiamato in causa anche l’allora sottosegretario Luca Lotti e i vertici dell’Arma dei carabinieri, i generali Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia, sarebbe stato interrogato dal magistrato napoletano come persona informata dei fatti (senza l’assistenza di un difensore, ndr), quando invece già c’erano gli elementi per iscriverlo nel registro degli indagati, cosa che poi fecero i pm romani quando il fascicolo venne trasmesso nella Capitale per competenza territoriale.

Averlo sentito come testimone senza il legale di fiducia avrebbe “leso le sue garanzie difensive”. Fu un interrogatorio molto duro disse Vannoni, con domande “pressanti” concentrate soprattutto sui suoi “rapporti con Matteo Renzi” e con minacce neppure tanto velate, come “vuole fare una vacanza a Poggioreale?” da parte di Woodcock.
Le modalità dell’interrogatorio da Paese sudamericano che colpirono ed intimidirono Vannoni vennero confermate dallo stesso davanti alla sezione disciplinare del Csm. Gli operanti, i carabinieri del Noe e Woodcock smentirono, invece, la ricostruzione di Vannoni.

Al termine delle udienze testimoniali Legnini era stato costretto ad intervenire parlando di “testimonianze largamente divergenti”. E a quel punto, secondo Palamara, è sceso in campo Cascini per invitarlo a stoppare il disciplinare. Quello che accadde poi è noto. Il disciplinare si fermò per riprendere solo dopo che si era insediato il nuovo Csm e quindi la nuova sezione disciplinare di cui fa ancora parte Cascini. A marzo del 2019 Woodcock verrà assolto da tutte le accuse più gravi e condannato solo per aver commentato con la giornalista di Repubblica Liana Milella l’indagine. Condanna poi cancellata in Cassazione. Il collegio era presieduto dal laico M5s Fulvio Gigliotti in quanto David Ermini si era astenuto a causa di alcune dichiarazioni su Woodcock fatte quando, nella passata legislatura, era responsabile giustizia dei dem.

Cascini, contattato dal Fatto, ha affermato che è «tutto inventato, non ho mai detto nulla del genere». «Sfido Cascini a un confronto pubblico. Ho le prove di quanto scritto. Ed ho anche altre persone che possono testimoniare», la replica di Palamara. Delle due l’una: o mente Palamara o mente Cascini. Non ci sono molte alternative.

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LA PRECISAZIONE DI GIOVANNI LEGNINI

Gentile direttore,
con riferimento alle dichiarazioni del dottor Palamara riportate ieri dalla sua testata, ho il dovere di precisare che non sono mai stato “sotto ricatto” sulla vicenda disciplinare che ha interessato il dottor Woodcock, come riporta il titolo dell’articolo.

Nel corso dell’occasionale incontro con l’on. Pomicino non ho mai espresso “giudizi negativi e anticipatori della sentenza su Woodcock“, come dichiarato dal dottor Palamara. Nell’intercettazione, nota da tempo e che riguarda un dialogo tra l’on. Pomicino e un altro soggetto, della quale nel passato altri organi di informazione hanno dato notizia, non c’è traccia di quanto asserito dal dottor Palamara. Smentisco la ricostruzione fatta da quest’ultimo, e tengo in modo particolare a precisare che la notizia di quella intercettazione, che non mi riguardava se non indirettamente, non condizionò mai in alcun modo la mia funzione di giudice disciplinare.

Il processo disciplinare a carico del dottor Woodcock fu differito, in accoglimento dell’istanza della sua difesa, perché il Consiglio era in scadenza ed erano già stati eletti i nuovi componenti del Csm; l’intero collegio disciplinare, di cui Palamara era componente, decise pertanto di rinviare il processo al nuovo Consiglio, che successivamente, come è noto, si pronunciò sulla vicenda. Tralasciando ogni altra considerazione sulle affermazioni del dott. Palamara, sulle quali mi riservo ogni ulteriore iniziativa, intendo chiarire definitivamente che ho sempre svolto con imparzialità, serenità ed in piena libertà la funzione giurisdizionale propria della Sezione disciplinare.