Henry John Woodcock, lo sceriffo. Avete presente: il Pm napoletano sempre in prima fila, soprattutto nella caccia ai politici. Il duro, quello che ti interrogava e ti faceva paura. Il nemico giurato di Renzi. L’eroe di tante formazioni forca-friendly, il “fratello” di Ruotolo, di Marco Lillo, di Travaglio… Beh, ieri Henry John Woodcock ha preso carta e penna e ha scritto un lungo e clamoroso articolo che ha spedito proprio al Fatto di Travaglio, il quale lo ha pubblicato, sgomento, con una nota in calce: “Io non sono d’accordo”. Come facevano una volta i comunisti un po’ stalinisti, sull’Unità, o su Rinascita, quando qualche compagno dissentiva un po’.

Non sono d’accordo, ha scritto – credo indignato, Travaglio – per una doppia ragione. Innanzitutto perché nella prima parte dell’articolo, Woodcock spiega come il processo telematico – a distanza – comprima tutti i diritti della difesa e dell’imputato, e sia profondamente ingiusto, e non rispetti la Costituzione. Usando argomenti che sono stati tante volte adoperati dagli avvocati penalisti, i quali, per questa ragione, sono stati indicati dall’Anm al ludibrio pubblico. E tirando così un ceffone sul viso al dilagante Procuratore Gratteri, che proprio l’altro giorno aveva tessuto le lodi del processo sul computer, senza più tutti i fastidi prodotti dalle aule dei tribunali, dalle contestazioni, eccetera eccetera.
La seconda ragione del dissenso di Travaglio è ancora più evidente.

Woodcock chiede un provvedimento di amnistia e di indulto. Cioè usa quelle due orride parole che proprio il giorno prima, sempre Gratteri aveva definito “parole non degne di un paese civile” (inserendo nell’elenco delle persone incivili almeno un paio di Papi e uno o due presidenti della Repubblica recenti…).  Beh, Woodcock è favorevole all’indulto. Cioè allo sconto di un certo numero di anni di pena per i condannati (con due anni di indulto uscirebbero almeno 20 mila detenuti). Ed è anche favorevole all’amnistia (che non cancella solo la pena ma anche il reato, e in questo modo disintasa i tribunali).

E perdipiù, nello stesso articolo, Woodcock sostiene che il mito della giustizia efficiente e rapida è un mito irragionevole. La giustizia deve essere giusta. Deve rispettare i diritti. “Rapida” spesso assomiglia a “sommaria”. L’ossessione per la rapidità e l’efficienza è tipica delle dittature. Alla fine però Woodcock ha uno scatto di vecchio orgoglio e in parte si riscatta agli occhi dei travagli. Dice che forse si potrebbero escludere dal provvedimento di clemenza i reati contro la pubblica amministrazione. E vabbé, non si può pretendere di avere tutto…

A noi però piacerebbe un giorno riuscire a parlare con calma di questo con il Pm napoletano. Possibile che davvero lui consideri più grave truffare lo Stato che truffare una singola persona? O addirittura che consideri più grave un delitto contro la pubblica amministrazione che un delitto contro la persona? Ma perché mai? Perché così hanno stabilito i vecchi Girotondi, o Grillo e Travaglio, o l’arcigno Gratteri?