Figlia di un piccolo boss siciliano, divenne testimone di giustizia a 17 anni ma poche settimane dopo si tolse la vita dopo la strage di via D’Amelio a Palermo dove il 19 luglio del 1992 la mafia uccise il magistrato Paolo Borsellino e la sua scorta. La storia di Rita Atria, rilanciata nel corso della 72esima edizione del festival di Sanremo dal giornalista e scrittore Roberto Saviano, è stata ispirazione per film e rappresentazioni teatrali oltre che per un libro (Rita Atria. La picciridda dell’antimafia) realizzato da Petra Reski, giornalista e scrittrice tedesca famosa per la sua produzione letteraria “di denuncia” sulla criminalità organizzata.

Rita era la figlia di un pastore di Partanna, paesino in provincia di Trapani, in Sicilia. Suo padre, Vito Atria, venne ucciso nel 1985 in un agguato. Era affiliato a Cosa Nostra così come Nicola, il fratello maggiore di Rita. Da lui raccoglie le più intime confidenze sugli affari e sulle dinamiche mafiose a Partanna. Nel giugno 1991 anche Nicola Atria viene ucciso e sua moglie Piera Aiello, che era presente quando è avvenuto l’agguato, denuncia i due assassini e collabora con la polizia. Non possono essere considerate pentite di mafia perché a differenza dei loro familiari non hanno commesso alcun reato. Sono invece testimone di giustizia, figura questa che è stata legislativamente riconosciuta con la legge 45 del 13 febbraio 2001.

Cinque mesi dopo, nel novembre 1991, Rita ha 17 anni e decide di seguire la strada intrapresa dalla cognata, cercando nella magistratura giustizia per quegli omicidi. Una decisione che non venne accettata dalla madre che ripudiò la figlia e la nuora. Il primo a raccogliere le sue rivelazioni è il giudice Paolo Borsellino (all’epoca procuratore a Marsala), al quale si lega come ad un padre. Le deposizioni di Rita e di Piera, unitamente ad altre testimonianze, permettono di arrestare numerosi mafiosi di Partanna, Sciacca e Marsala e di avviare un’indagine sull’onorevole democristiano Vincenzino Culicchia, per trent’anni sindaco di Partanna.

Rita si toglie la vita il 26 luglio del 1992, un mese e mezzo prima che compisse 18 anni e una settimana dopo la strage di via D’Amelio dove morì Paolo Borsellino, suo vero punto di riferimento. Rita era sotto choc e si lanciò dal settimo piano di un palazzo di viale Amelio. Dopo la sua morte, la madre, successivamente, distrusse a martellate la sua lapide. Anna, invece, sorella di Rita, andò a vivere a Roma lasciando Partanna.

La storia di Rita Atria è la storia di una dolorosa presa di coscienza. Il lungo e doloroso percorso di rigetto e denuncia delle logiche mafiose lo raccontava nei suoi diari, dai quali emergeva la paura e la sfiducia che stavano prendendo il sopravvento su di lei. Poi grazie all’aiuto della cognata Piera e del magistrato Paolo Borsellino, che in pochi mesi divenne un punto di riferimento per lei, riuscì a trovare il coraggio di denunciare tutto e allontanarsi da quell’ambiente fino al drammatico epilogo dopo la sconvolgente strage di via D’Amelio.

 

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Napoletano doc (ma con origini australiane e sannnite), sono un aspirante giornalista: mi occupo principalmente di cronaca, sport e salute.