A settembre 2023, il primo anno scolastico “completo” dell’era dei chatbot basati sull’intelligenza artificiale, Natasha Singer, una giornalista del New York Times, è andata in un enorme distretto che accoglie circa 5.500 studenti, a sud-est di Seattle, per “vedere da vicino il modo in cui l’intelligenza artificiale generativa ha stravolto il sistema scolastico”. Ne è nata una vasta inchiesta sul campo con decine di interviste a docenti e studenti. Le conclusioni, tuttavia, sono riassumibili in un’unica domanda che contempla due risposte, una breve e una lunga. La domanda è: “Le scuole possono impedire agli studenti di imbrogliare con i chatbot IA?”. La risposta breve è “no”. La risposta lunga è che “l’uso dell’intelligenza artificiale non è rilevabile perché se chiedessi all’IA di farlo, ti mentirebbe e basta”. E allora? Ecco un’indicazione utile: “Allora gli insegnanti dovrebbero cambiare il modo in cui insegnano”. Per esempio, imparando a utilizzare quegli stessi strumenti dell’IA per migliorare metodi e contenuti delle lezioni.

Lo fa da tempo l’AI Education Project, un’organizzazione no-profit che aiuta le scuole ad adottare l’intelligenza artificiale, offrendo una serie di programmi di lezioni incentrati sull’intelligenza artificiale, a disposizione dei docenti. Quel che è certo, oggi, è che l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle classi segna una trasformazione significativa nel campo dell’istruzione, migliorando sia l’insegnamento che l’apprendimento: dal punto di vista dei docenti, rivoluzionando i metodi tradizionali. Ad esempio, ChatGPT può essere sfruttato per redigere saggi e incoraggiare gli studenti ad analizzarli criticamente e migliorarli, favorendo una comprensione più profonda e una capacità di pensiero critico. E dal punto di vista degli studenti, personalizzando le esperienze di apprendimento, soddisfacendo le esigenze e il ritmo di ciascuno. Insomma, l’adozione dell’intelligenza artificiale nell’istruzione promette un futuro in cui l’apprendimento sarà più coinvolgente, inclusivo ed efficace. Tutti questi vantaggi potenziali dell’IA nelle scuole sono spiegati molto bene in un Report pubblicato pochi giorni fa dal Financial Times,AI for Schools”. Per esempio, potenzialmente, l’IA può far risparmiare molto tempo al personale docente.

Un rapporto dell’editore Twinkl specializzato in istruzione ha scoperto che l’adozione dell’intelligenza artificiale potrebbe evitare 77 miliardi di dollari di straordinari non retribuiti agli insegnanti negli Stati Uniti. Questo costo si basa su dati McKinsey secondo cui gli insegnanti potrebbero recuperare fino a 13 ore settimanali adottando le nuove tecnologie. Come il pianificatore di lezioni “MagicSchool”, che avrebbe già 2 milioni di educatori iscritti; e “Pressto”, che genera suggerimenti di scrittura per gli insegnanti in base agli argomenti della materia o al livello desiderato. O come “Merlyn Mind”, un altro assistente basato sull’intelligenza artificiale che gli insegnanti possono utilizzare in classe. Secondo Hadi Partovi, amministratore delegato dell’organizzazione no-profit Code.org, l’intelligenza artificiale “sarà una delle più grandi piattaforme educative al di fuori della scuola”. Esistono, infatti, già “tutor” basati sull’intelligenza artificiale, che possono offrire un’esperienza di apprendimento personalizzata, anche per rispondere a esigenze di equità sociale. Un’app – Khanmigo, creata dalla Khan Academy, organizzazione educativa online senza scopo di lucro con sede negli Stati Uniti – si autodefinisce “il tuo compagno di studio sempre disponibile”, e promette di sfidare gli studenti “a pensare in modo critico e risolvere problemi senza dare risposte dirette”.

L’app è gratuita per gli insegnanti e costa 44 dollari all’anno per gli utenti e le loro famiglie. Questo non significa che i problemi da affrontare non ci siano. Anzi. Il primo: gli esperti avvertono che gli istituti scolastici debbano imporre precise restrizioni su quali dati e informazioni personali degli studenti possano essere inseriti nei sistemi di intelligenza artificiale, per arginare i rischi per la privacy. Ma per alcuni, il rischio maggiore riguarda il processo di apprendimento: se utilizzata solo come scorciatoia – per scrivere saggi e fare i compiti – la stessa tecnologia può compromettere seriamente l’apprendimento degli studenti. Ecco, se l’intelligenza artificiale riuscirà a vincere la scommessa di rivoluzionare in meglio l’istruzione, questo dipenderà principalmente dalla capacità degli insegnanti di guidare gli studenti nell’utilizzo della tecnologia in un modo che possa avvantaggiarli senza compromettere l’apprendimento. E proprio per garantire agli studenti utili “guardrail”, Hadi Partovi di Code.org, rilancia: “Abbiamo bisogno di politiche – nazionali e regionali – in grado di fornire assistenza alle scuole”. E per questo ha contribuito a creare un consorzio chiamato TeachAI, progettato “per aiutare i dirigenti dell’istruzione e i policymaker a comprendere le implicazioni dell’intelligenza artificiale nei processi di apprendimento e a sviluppare politiche responsabili”. Tuttavia, aggiunge: “Il rischio più grande con l’intelligenza artificiale è non fare nulla. Il mondo è cambiato: dovremmo cambiare anche il modo in cui insegniamo e cosa insegniamo”.

Ilaria Donatio

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