Ma queste ragioni di “economia organizzativa” si conciliano col diritto di difesa? La domanda non è peregrina: è ovvio che un condannato in primo grado si auguri che, in appello, il compito di vagliare la sua posizione spetti a un diverso pm. In caso contrario (e Bagnoli-Futura lo insegna) è inevitabile che il magistrato invochi la conferma delle condanne chieste e ottenute in primo grado. Ecco perché Santangelo, assistito dagli avvocati Massimo Krogh e Giuseppe Fusco, ha per lungo tempo meditato di sollevare l’eccezione di legittimità costituzionale. Ciò che l’ex vicesindaco di Napoli ha coraggiosamente fatto, invece, è rinunciare alla prescrizione: «Sono convinto della mia innocenza, in 47 anni di professione non mi è mai stata mossa alcuna censura. Adesso, a difesa della mia onorabilità, voglio un chiarimento definitivo. Se i giudici mi riterranno nuovamente colpevole, non esiterò a rivolgermi alla Cassazione. Intendo morire da innocente o da condannato, non da prescritto».  Secondo la difesa, inoltre, da nessun atto del processo di primo grado risulta che Santangelo abbia perseguito interessi personali. Il pm Buda non l’ha pensata allo stesso modo. Come si regoleranno i giudici della Corte d’appello?

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.