La lettera
A Bagnoli fu ammazzata la cultura e la bellezza, e a Taranto…

Caro Sansonetti, ho letto l’articolo di Marco Demarco “Bagnoli, il buco nero dove rischia di finire il futuro di Taranto” e tanti ricordi mi vengono alla mente, anche perché fui segretario della sezione del PCI di quel quartiere dal novembre del 1970 al novembre dal 1975 quando la lasciai perché eletto assessore della Provincia di Napoli. Per chiarezza numero qualche ricordo:
1) Delitto più grande contro la cultura non si poteva fare quando Nitti nel paradiso dei Campi Flegrei e di Bagnoli insediò lo stupro di uno stabilimento siderurgico che occupò oltre 200 ettari di terra fertilissima e ricchissima di sorgenti di acqua minerali in una zona termale fin dall’epoca dei Romani; dalle nostre parti erano stati di casa Virgilio, gli Epicurei, Giulio Cesare e Lamont Young ne aveva capito fascino e inteso bellezza proponendo soluzioni urbanistiche schiacciate da uno stupido pseudo industrialismo, incurante delle vocazioni naturali del territorio.
2) Non sono innocente, difesi irresponsabilmente l’Italsider, già Ilva (nome latino di Elba, isola del ferro) che nel 1961 aveva divorata la splendida spiaggia per coprirla con una colata di cemento che ospitava le auto degli operai che prima ci arrivavano in bicicletta. Per rispetto della storia un democristiano, Alberto Servidio aveva proposto, inascoltato, il trasferimento del siderurgico al Volturno dove c’erano allora acquitrini.
3) La crisi dell’acciaio e lo studio che ben altre produzioni rendevano grande e ricca una nazione (vedi gli Usa che non si preoccuparono di cedere il primato dell’acciaio alla nemica Urss) mi convinsero che occorresse una riconversione, ma si preferì ammodernare lo stabilimento che fu poi venduto ai Cinesi e Ermanno Rea ne ricavò un romanzo.
4) Nessuno ci rimise se non il contribuente, andarono in pensione anche a meno di cinquanta anni tutti i diecimila dipendenti ma nessuno addetto all’inferno della cokeria pianse, salvo poi avere i soliti che scrivono balle e tacciono quello che pensano.
5) A Taranto ci sono molti operai che vorrebbero riscrivere quella storia?
6) Nessun rimpianto per il passato, ma perfino in Unione Sovietica negli anni 30 avevano proibito l’amianto, quello usato dall’Eternit, fabbrica omicida a fianco dell’Italsider e della Cementir, e le fabbriche siderurgiche le costruivano almeno a 30 km dagli insediamenti urbani.
7) Si parla di tutto, ma si trascura il problema dei problemi, la mobilità difesa da un vero welfare che garantisca la disoccupazione involontaria.
8) Quest’anno si sono chiusi per crisi quasi ventimila esercizi commerciali, ossia più di centomila addetti licenziati. Che cosa si fa? Taranto questione nazionale con diecimila lavoratori a rischio. E i centomila?
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