Il prossimo 4 aprile in Cina si celebra la festa del Qingming, durante la quale si onorano le tombe dei defunti. È forse anche per questo se centinaia, forse migliaia di persone, si starebbero accalcando in lunghissime code nei pressi dei Funeral Parlour di Wuhan, la città nella provincia dello Hubei che è stato il principale focolaio del coronavirus. È presso queste strutture che le persone starebbero recuperando le urne che contengono le ceneri dei loro cari morti durante il lockdown imposto per contrastare il contagio.

Circolano delle immagini su Weibo (una sorta di social network cinese) che ritraggono delle file lunghissime – secondo quanto scritto da alcuni utenti sui social – controllate dalle forze dell’ordine in divisa e in borghese affinché nessuno scatti delle foto. Le code mettono qualche dubbio sul reale numero dei contagi nella città. Una foto mostra una lunga fila che si sarebbe creata pressi del Funeral Parlour nel quartiere di Hankow. I commenti sui social scrivono di file lunghissime e di altrettanto lunghe attese. Le persone, stando sempre ai racconti, verrebbero accompagnate da membri dello staff della struttura o dell’amministrazione locale nel ritiro delle urne.

Le immagini fanno sorgere qualche sospetto sul bollettino dei decessi da coronavirus da parte di Pechino. Scrive l’Asian News che “un’altra ‘sala per funerali’ a Wuchang (altro quartiere di Wuhan, ndr) ha annunciato che i familiari possono venire a ritirare le urne con le ceneri dal 23 marzo. Il Funeral Parlour prevede di distribuirne 500 al giorno, fino al Qingming. Questo significa circa 6.500 urne per tutto questo periodo. Wuhan ha sette Funeral Parlour: se si calcola che ognuno di essi distribuirà urne con lo stesso ritmo di quello di Wuchang, si arriva fino a 45.500 urne per la sola città di Wuhan”. Se pure in questo calcolo ipotetico dovessero essere coinvolte le morti che non centrano con il coronavirus, i decessi dichiarati dalla Cina (3.298) solleverebbero comunque dei dubbi.

Durante il lockdown i defunti sono stati cremati senza cerimonie funebri. A indagare sulla questione era arrivato a Wuhan il giornalista Lei Zehua, ex presentatore televisivo della CCTV, che aveva raccontato come fossero stati chiesti turni-extra, fino a 19 ore al giorno, ai lavoratori. Del 25enne – del caso si è occupato anche il Guardian – si sono perse le tracce dagli inizi di marzo. Lei Zehua aveva postato dei video live nei quali sosteneva di essere inseguito da qualcuno. “Non voglio restare in silenzio o chiudere i miei occhi e tappare le mie orecchie – dichiarava il giornalista – sto facendo questo perché spero che i giovani possano, come me, svegliarsi”. I suoi video caricati su Youtube e su Weibo sono stati cancellati. Si sono perse le tracce a Wuhan anche di due blogger, Fang Bin e Chen Qiushi. Anch’essi stavano lavorando a Wuhan. “Non è ancora chiaro se siano stati portati via dalla polizia o messi in quarantena forzata”, aveva denunciato a metà febbraio Patrick Poon, ricercatore con Amnesty International, alla Bbc.

Redazione

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