Dopo l’ok del Senato, nella notte di mercoledì 19 giugno la Camera ha dato il via libera definitivo al ddl Calderoli, conosciuto anche come “autonomia differenziata”, con 172 sì, 99 voti contrari e 1 astenuto. Il testo, in 11 articoli, stabilisce le regole con cui alcune regioni potranno chiedere maggiore autonomia nella gestione di specifiche materie. Cosa prevedono gli 11 articoli? È una legge procedurale per attuare la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001. Definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, ovvero quello che definisce le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata nelle 23 materie indicate nel provvedimento.

Cos’è e cosa prevede la legge sull’autonomia differenziata

L’iniziativa è delle Regioni. Le richieste di autonomia devono partire su iniziativa delle Regioni una volta sentiti gli enti locali. “Ogni Regione chiedere più autonomia in una o più materie e le relative funzioni. Segue il negoziato tra il governo e la Regione per la definizione dell’intesa preliminare”.
23 materie. Le materie su cui può essere chiesta l’autonomia sono 23. Tra queste: Tutela della salute, Istruzione, Sport, Ambiente, Energia, Trasporti, Cultura e Commercio estero. Le materie definite dai Lep, Livelli essenziali di prestazione, sono invece 14. I Lep. La concessione di una o più “forme di autonomia” è subordinata ai criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale (Lep). La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard avverrà dopo l’indagine della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio.
L’articolo 4. Modificato al Senato da un emendamento di FdI, stabilisce i principi per il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni (concesso solo dopo la determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse in legge di bilancio), senza i quali non ci sarà autonomia.

La regia dei ministri

Prevista una cabina di regia al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, composta dai ministri competenti. I suoi compiti saranno: effettuare la ricognizione del qu adro normativo per ogni funzione amministrativa sia statale sia delle regioni ordinarie, e l’individuazione delle materie dei Lep sui diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale. Due anni di tempo. Il governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Mentre Stato e Regioni avranno 5 mesi per l’accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima, con un preavviso di 12 mesi.

L’ultimo articolo

Oltre a estendere la legge anche alle Regioni a statuto speciale e le province autonome, nell’articolo 11 c’è la clausola che specifica che l’esecutivo può sostituirsi agli organi delle Regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni quando si riscontri la loro inadempienza.
4 paletti azzurri. A poche ore dal traguardo la Camera ha approvato 4 ordini del giorno con cui FI ha messo la ‘bandierina’ sul ddl, e che prevedono: stop a negoziati con le Regioni fino alle definizioni dei Lep; la relazione tecnica sull’impatto finanziario; l’analisi dell’impatto del trasferimento di materie non-Lep; l’applicazione “rigorosa” della facoltà del Cdm di limitare l’ambito delle materie oggetto di intesa.

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