Sono felicissimo, oggi è un giorno magico, ho sempre avuto fiducia nella giustizia. Se perdiamo la fiducia nella giustizia aiutiamo la criminalità”. Sono le parole di Ambrogio Crespi dopo l’uscita dal carcere di Opera, a Milano, dove era recluso dal marzo scorso dopo una condanna definitiva a sei anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia e sul voto di scambio.

Crespi torna libero fino al prossimo 9 settembre dopo la decisione del tribunale di sorveglianza di Milano che ha accolto l’istanza presentata dai suoi legale, disponendo il differimento della pena in attesa che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si pronunci sulla domanda di grazia presentata nei mesi scorsi. “E’ stato un percorso davvero difficile, spero che sia l’inizio della fine di questa storia assurda e lunare” scrive Crespi sui social che sottolinea di aver “trovato dei giudici giusti”. Poi ringrazia “tutti, dai compagni di Nessuno tocchi Caino a tutte le singole persone che mi hanno appoggiato con amore e costanza in questa durissima prova. Non vedo l’ora di arrivare a Roma ed abbracciare i miei bambini che non vedo da 4 mesi” conclude ringraziando ancora una volta.

Come si legge nel provvedimento depositato stamane, il collegio ha escluso il pericolo di reiterazione del reato e di fuga, rilevando “il profondo radicamento familiare, sociale e lavorativo sul territorio” di Crespi “e l’atteggiamento di accettazione delle regole”.  Nel corso degli ultimi anni – spiegano i giudici – Crespi “non solo ha condotto la sua esistenza sui binari della legalità, in una dimensione di impegno familiare, sociale e lavorativo che non ha registrato ombre (…) ma ha indirizzato le proprie capacità professionali verso produzioni pubblicamente riconosciute come di alto valore culturale, di denuncia sociale e impegno civile, ed efficaci strumenti di diffusione di messaggi di legalità e di lotta alla criminalità”.

Il provvedimento di differimento della pena riporta tra l’altro il parere della Direzione nazionale antimafia e della DDA di Milano. Per la prima “non possono comunicarsi elementi che depongano per un attuale pericolo determinato da collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata e, pertanto, circa l’attuale pericolosità”.

LA STORIA DI CRESPI – Ambrogio Crespi viene arrestato il 12 ottobre 2012. Ore 4:30, la famiglia – Ambrogio, la moglie Helene, e il figlioletto di 4 mesi – dorme, ma improvvisamente il campanello comincia a suonare, insistente e violento. Il risveglio all’improvviso, la paura, la corsa ad aprire: i carabinieri invadono casa, la mettono a soqquadro, svuotano i cassetti, ribaltano i letti. È l’inizio di un incubo, è l’incredulità che si impossessa di tutti, è il primo doloroso capitolo della storia vera di un uomo che per la giustizia è uno ‘Ndranghetista, mentre per altri, come diceva Marco Pannella, era ed è un nuovo Enzo Tortora. Crespi viene portato ad Opera, dove trascorrerà circa sette mesi di carcerazione preventiva, definita dal leader radicale “vergognosa e ignobile”.

L’8 febbraio 2017 il Tribunale di Milano lo condannerà a 12 anni di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa, dandogli sei anni in più di quelli richiesti dal pm. Per il Tribunale l’uomo, forte delle sue conoscenze in ambito malavitoso, aveva contribuito a far convergere circa 3mila voti su Domenico Zambetti, condannato nello stesso processo a 13 anni e 6 mesi per aver acquistato questi e altri voti, durante le elezioni regionali lombarde del 2010. Il pm aveva indagato Crespi perché aveva sentito fare il suo nome nel corso di svariate intercettazioni effettuate nel 2011 tra personaggi legati alla criminalità organizzata. Le uniche prove a suo carico sono infatti le intercettazioni tra due uomini, uno dei quali, E. C., accuserà Crespi per poi ritrattare: “La storia dei voti procurati da Crespi Ambrogio a Zambetti me la sono inventata di sana pianta. Ho iniziato all’età di sedici anni a millantare su tutta la mia vita. Il motivo non glielo so dire. Non ero contento della mia vita e mi sono creato una identità parallela. Dicevo di essere un commercialista, avvocato, architetto, ingegnere. È qualcosa di insito nella mia natura. Nell’ultimo periodo mi sono vantato di essere ‘ndranghetista” (Fonte, Il Giornale 2014).

Successivamente una perizia del giudice appurerà che l’uomo era affetto da disturbi mentali. Tutto questo non servirà a sottrarre dalla tenaglia della giustizia Ambrogio Crespi, seppur in appello, il 23 maggio 2018, la pena verrà ridotta a sei anni.

Redazione

Autore