La lettura della motivazione della sentenza della Corte di Cassazione, che ha escluso la legittimità dell’arresto di Carola Rackete, può suscitare le seguenti connessioni di pensiero: il Giudice è soggetto solo alla legge = il Giudice è la Legge = il Giudice è come il Marchese del Grillo, la cui celebre frase suona così «che ci volete fare: io so’ io e voi non siete un c…». Come è noto Carola Rackete al timone della nave Sea Watch, con a bordo alcuni migranti salvati in mare, nella notte tra il 28 e 29 giugno ha deciso di entrare nello scalo portuale di Lampedusa, violando l’alt dato dalla Guardia di Finanza e rischiando lo schiacciamento contro il molo di una motovedetta della stessa. Arrestata, siccome in flagranza di reato, il Gip del Tribunale di Agrigento non convalidò l’arresto. La Cassazione ha ritenuto che quella decisione fosse pienamente legittima.

Le riflessioni che sono immediatamente sollecitate dalla lettura della motivazione sono essenzialmente tre. Esse muovono da una preliminare considerazione. In questo caso il tema non era se Carola Rackete meritasse o no la sanzione penale, ma se gli organi di polizia avessero o no agito correttamente nell’arrestarla.

La prima è che la decisione della Corte di Cassazione sembra porre a carico delle forze di polizia una valutazione in ordine alla esistenza o no di controverse condizioni per la operatività della scriminante. Anche l’adempimento di un dovere richiede, come ogni altra scriminante, una valutazione di proporzionalità. Per fare un esempio estremo, ma comprensibile, l’adempimento del dovere avrebbe legittimato Carola Rackete ad uccidere qualcuno? Si tratta di valutazioni complesse e che richiedono analisi non superficiali, del tutto inconciliabili con i tempi, i criteri, i poteri che hanno le forze di polizia. Le quali si sono trovate di fronte alla violazione di un alt ed allo speronamento di una loro motovedetta. Di qui evidenti perplessità sulla pretesa illegittimità della loro condotta.

La seconda riflessione, ancora più rilevante, è che gli effetti scriminanti dell’adempimento di un dovere sono considerati, nella decisione, in modo del tutto astratto, ideologico, senza alcuno specifico riferimento alle condizioni reali, in cui si trovavano i migranti e senza alcuna considerazione della circostanza che al momento del salvataggio in mare segue una fase procedurale. Manca una adeguata valutazione della possibilità di considerare un luogo sicuro, in quel momento e con le esistenti condizioni di mare, la Sea Watch, tenuto conto dei trasbordi effettuati sino a quel momento delle persone bisognevoli di cure e dell’assistenza prestata alla nave.

La motivazione esprime, in definitiva, non già una valutazione in ordine alla concreta situazione in essere nel momento, in cui è stato eseguito l’arresto, ma una astratta presa di posizione meramente ideologica, che nulla ha a che fare con il momento giurisdizionale. La terza riflessione è che una presa posizione da parte dei supremi Giudici, cosi smaccatamente ispirata da motivazioni di ordine ideologico e politico, appare solo utile a fornire ulteriore alimento alla ventata populista che sta attraversando l’Italia.