Francobolli di storia
Eccome se la storia si può ripetere: Putin come un faraone, l’affaire Prigozhin insegna che l’armistizio coi dittatori è un’illusione
La storia dell’umanità non fa sconti a nessuno. Basta guardarsi indietro sfogliando le cronache del passato, vi si troveranno esempi a bizzeffe. Un esempio è quanto è appena avvenuto in Russia, con la misteriosa morte di Prigozhin.
Diversi anni fa, vicino a Luxor, in Egitto, venne scoperta l’etichetta di un sandalo di re Den. Si tratta della prima immagine di un monarca mai giunta fino a noi, risale più o meno a 5000 anni fa. La raffigurazione del sovrano è una scena di crudo realismo. Viene ritratto in piedi, con un bastone tra le mani, mentre sconfigge il nemico. Un gesto deciso, il bastone levato sopra la testa nell’atto di colpire l’avversario, in ginocchio, senza pietà. L’artigiano che ha creato l’etichetta doveva dimostrare che il sovrano era invincibile, l’unico che potesse garantire l’ordine nella comunità, far rispettare le leggi, scompaginare i nemici.
Se l’immagine non fosse sufficiente, a supporto arriva la scritta in geroglifico. Agghiacciante: ‘Essi (i nemici) non esisteranno’. Come a dire: verranno spazzati via, letteralmente cancellati dalla faccia della terra. È probabile che il popolo sconfitto venisse dal Sinai.
Lo storico Franco Cardini mi ricorda spesso che una comunità si fonda su tre pilastri: la bandiera, il mito, il nemico. Nulla di meglio di una guerra contro un nemico comune, non importa se il pericolo sia reale o inventato, per riunire un popolo attorno alla stessa bandiera, rinnovare l’unità ‘nazionale’, fondare un mito condiviso.
Nulla di diverso rispetto a quanto accade anche oggi. L’esempio classico a 5000 anni di distanza dal sandalo di re Den è di nuovo Putin. Prima la retorica di un potenziale attacco esterno, ore fa l’eliminazione dell’alleato golpista, Prigozhin, il capo della Wagner. Non sappiamo chi sia il mandante dell’attentato ma possiamo intuirlo.
Il messaggio è comunque di una chiarezza cristallina: c’è un solo capo, il capo è vivo e vegeto, per chi tradisce nessuna pietà. Non le patrie galere, la morte. Nondimeno l’affaire Prigozhin insegna una seconda morale. L’armistizio coi dittatori è un’illusione. Il loro potere si fonda sul terrore, non sull’equilibrio tra poteri che godono di autonomia e autorevolezza, non sulla libera espressione dei cittadini nel voto, nella gestione della cosa pubblica, nel governo dell’economia. Chi muove contro una dittatura sa, ad ogni latitudine, di rischiare la vita. Se non porti alle estreme conseguenze il golpe e anzi pensi di trattare la resa, vai incontro a fine sicura. Non è certo quello che sia accaduto a Prigozhin quando, in marcia verso Mosca, a un certo punto rinuncia. Sappiamo però che proprio in quel momento ha avuto inizio la sua via dolorosa, il calvario, la croce. I colpi di stato in regime di dittatura o riescono o ti seppelliscono.
La storia dell’umanità non fa sconti a nessuno. Basta guardarsi indietro sfogliando le cronache del passato, vi si troveranno esempi a bizzeffe.
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