Ma questo Trump che vuole? Quali sono le ragioni del suo crescente successo anche nella sconfitta? Per capire Kamala Harris, non occorre un codice segreto: dall’estrema sinistra filopalestinese con cui ha messo in difficoltà Biden – accusato di aver troppo sostenuto Israele -, volata subito nei consensi per i due fattori: esser donna e per di più di colore. Da quando è stata candidata per la Casa Bianca ha dato una sterzata a destra su tutto con spudorato candore, esponendosi al sarcasmo di Trump: “mandate a Kamala un berretto MAGA – la sigla trumpiana – perché ci sta copiando su tutto”.

La fine del conceding

Adesso gli americani stanno votando (settanta milioni hanno votato in anticipo nei casi in cui le regole lo consentono) e avremo le prime indicazioni domani all’alba, ma bisognerà stare attenti a non confondere il voto popolare con la ripartizione dei grandi elettori proporzionali per numero alla popolazione di ciascuno Stato, secondo la regola che il candidato che vince prende tutti i grandi elettori di quello Stato. È un calcolo complicato e già si sa che entrambi – Trump e la Harris – sono pronti a contestare la vittoria dell’altro, fine della civile epoca del conceding: “Io ho perso, tu hai vinto, complimenti”. Ci sarà una guerra civile nei tribunali ma il 20 gennaio il Presidente eletto andrà a farsi aprire le porte della Casa Bianca. I pronostici sono alla pari ma un diffuso comune sentire dà Trump vincente.

Chi vince?

Trump ha una pessima fama per metà degli americani, per non dire degli europei. Siamo nella tipica condizione detta “del gatto di Schrödinger” (gatto immaginario del fisico tedesco) per cui il risultato è già nelle urne, ma per noi i possibili vincenti sono ancora due. Se vincesse Kamala sarebbe, dal punto di vista europeo, un sollievo. Ma ci chiediamo, come sarebbe mai possibile una vittoria di Trump? Gli americani sono impazziti? È proprio questa la domanda che si faceva in pubblico l’ex presidente Obama rivolgendosi all’elettorato nero: come potrebbe essere eletto un personaggio che se non lo eleggono rischia la galera, il grand villain della storia americana? Nel 2015 si presentò per la prima volta, noto industriale edilizio, star televisiva: “Il libero mercato della globalizzazione e l’immigrazione clandestina sono i due mali dell’America, di cui io la guarirò”. I fatti gradualmente gli diedero qualche ragione: la Cina cominciò a inondare l’America e il mondo con giocattoli a costo bassissimo grazie ai salari della Repubblica popolare cinese. Tutti si resero conto che c’era un modo per opporsi se non una barriera doganale. E Trump diffuse la visione di un universo in cui esistono il pianeta Terra con le sue beghe e gli Stati Uniti che hanno un Paese amico di sopra, uno amico di sotto, un oceano a destra e uno a sinistra. Quale più invitante situazione per un isolazionismo armato e ricco, aggressivo nel commercio e protezionista sui suoi prodotti? Trump voleva bloccare l’afflusso di milioni di esseri umani che passano la vita camminando dalla Terra del Fuoco fino agli Stati Uniti d’America. Trump ha allevato nelle sue file un elettorato che da bianchissimo biondissimo, ricchissimo e aristocratico, si è fatto scuro di pelle, viso asiatico, sempre più nero e latino-americano. È un nuovo elettorato che non ha storia nel Grand Old Party repubblicano ed è quello che potrebbe averlo proiettato alla Casa Bianca: un americano di pelle nera su cinque di quelli che avevano determinato la vittoria di Joe Biden nel 2020 ha cambiato modo di pensare politico e si è iscritto alle liste repubblicane.

Non fate sciocchezze

E per questo e soltanto per questo che Barack Obama è sceso dal suo olimpo di Chicago per cercare di fermare l’esodo dei suoi confratelli neri che hanno scelto Trump con parole dirette e accorate che sono state regolarmente fraintese In Europa: “Da quando è che questa storia è cominciata? Chi è che ha deciso che votare Trump è ok? Fratelli, non fate sciocchezze, Kamala Harris ha dei grandi piani per voi e se andate a consegnarvi al demonio, di sicuro ve ne pentirete”. L’esegesi di questo discorso è diventata quella di un accorato appello liberale all’etica e all’estetica della politica buona contro quella cattiva. Elementi tutti presenti nelle parole per l’ex presidente, ma Obama ha tentato fino all’ultimo minuto di impedire agli americani discendenti degli schiavi, oggi businessmen – gente che fa parte di una borghesia medio alta e spesso di opinioni conservatrici con i figli nelle migliori scuole nelle migliori università – di causare il crollo del partito democratico e consegnare a Trump sia la vittoria di queste elezioni sia un cambio radicale di politica interna economica ed estera.

Il crescente consenso

Il primo segnale di attecchimento delle idee di Trump è venuto dal premio Nobel in economia Angus Deaton, il quale a marzo ha detto di avere sempre avversato la politica antimmigrazione di Donald Trump considerando anzi i migranti un beneficio ma che adesso “non lo penso più”. Avere troppi immigrati illegali significa bloccare i salari di tutti gli americani per concorrenza sleale e sono in rivolta più latinos che bianchi il che è una sorpresa ormai documentata. Trump cita sé stesso per aver scritto nel 2000 che “il nostro lassismo verso l’immigrazione illegale è una grave mancanza di rispetto per tutti coloro che vivono legalmente”. Poi accusò i presidenti Clinton e Obama di aver facilitato l’ingresso delle merci cinesi costringendo lui a opporre barriere doganali e accusando la Germania di aver sbafato dagli Usa la difesa militare mentre colpivano l’industria dell’auto americana con prezzi imbattibili. Su questi due temi – immigrazione illegale e globalizzazione senza frontiere – Trump ha trovato un crescente consenso, drogato da una tecnica di comunicazione sfrontata e gradassa, aggressiva e volgare che potesse metterlo sempre e comunque al centro dell’attenzione nel modo odioso che tutti conosciamo, dilatato dall’eco degli scandali a sfondo sessuale. Per le condanne subite potrebbe – se non eletto – essere arrestato e mandato in galera. Fra poche ore sapremo tutto. Quasi tutto. E vedremo in ogni caso delle forti ripercussioni in tutto il mondo, sia che vinca l’una o l’altro.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.