C’è una novità in televisione. Anzi, al bar. O meglio: entrambe le cose. Su Rai1 dalle 14 del 4 ottobre parte la nuova trasmissione Bar Centrale che segna il ritorno in studio dopo tre anni di Elisa Isoardi, celebre conduttrice di La Prova del Cuoco e volto amatissimo del pomeriggio Rai. Con lei, la provincia italiana torna protagonista, tra notizie, storie e umanità da raccontare.

Come possiamo descrivere il tuo nuovo programma, cosa possiamo aspettarci di vedere?
«È una lettera d’amore alla provincia. Ci passeremo attraverso le notizie. L’attualità noi la trattiamo per scelta come attualità positiva: temi che non siano cronaca nera, anche perché tanti altri programmi lo fanno già in modo eccellente. Noi vogliamo invece raccontare notizie positive, che fanno riflettere, e passarle attraverso la saggezza popolare dei bar locali. Perché noi saremo collegati con i bar: noi stessi siamo un bar centrale».

Sarete in un bar vero e proprio?
«Sì, esattamente. Andremo nei veri bar di piazza dei paesi dove incontreremo i nostri “tipi da bar”, come li chiamava Stefano Benni. Ogni sabato ci collegheremo con un bar diverso, da nord a sud: vogliamo coprire tutta la provincia italiana. Crediamo che la provincia abbia ancora molto da raccontare, che sia una realtà che protegge e abbraccia. Non ci sarà finzione, solo autenticità. Gli avventori saranno selezionati tra coloro che hanno voglia di parlare, di farsi riprendere e di andare in onda su Rai1. Loro hanno davvero delle cose da dirci».

Quali storie racconterete?
«Le storie nasceranno sempre da notizie reali. Per esempio si parlerà di Mestre, con i bambini multati per aver giocato in cortile. È una tipica notizia da bar, perché apre un dibattito: è giusto multarli o invece meglio che giochino lì piuttosto che stare incollati ai social? Noi prenderemo queste notizie e le discuteremo con i nostri “tipi da bar”, ma anche con ospiti fissi come Serena Bortone, Davide Rondoni, Rosanna Lambertucci e Gigi Marzullo».

Il bar, in fondo, è il luogo democratico per eccellenza.
«Proprio così. Al bar tutti possono dire tutto, non è un luogo a invito. Troveremo risposte secche, risposte chiuse, ma anche meravigliose. È l’Italia autentica, che è soprattutto provincia. Vogliamo raccontare il bello che la provincia custodisce, spesso dimenticato o narrato solo in chiave negativa».

Tu che rapporto hai con la provincia?
«Io vengo dalla provincia. Da quella di Cuneo, per l’esattezza. La provincia grande, la più estesa d’Italia. Me ne sono andata a 15 anni per farmi strada nel lavoro. Oggi molti giovani tornano nei paesi, hanno capito che la grande metropoli dà molto, ma toglie energie, spazio, tempo. Nella provincia chi è solo non è mai davvero solo. Nelle grandi città sì».

Hai citato Stefano Benni. Ma anche Umberto Eco parlava dei “discorsi da bar”, trasformati oggi dai social. C’è un legame?
«Certo. Eco diceva che la rete aveva dato voce a chi prima parlava al bar, dopo un bicchiere di vino, ed era messo un po’ a tacere. Con i social si è tolta la faccia: sono nati i leoni da tastiera. Invece il bar ti obbliga a metterci la faccia. Ed è quello che faremo noi: parole a faccia scoperta, senza aggressività, ma con responsabilità».

Nei bar escono fuori anche storie curiose, cronache di paese. Qualche pruderie. Ci saranno anche quelle?
«Assolutamente sì. Senza di quelle il bar non esisterebbe. Tratteremo temi come le “separazioni grigie”, quelle dei sessantenni che sono i nuovi giovani. Nella prima puntata avremo Francesca, una ragazza di 18 anni che non vuole lasciare la provincia e organizza eventi per il suo paese. È la prova che i giovani non fuggono più necessariamente, anzi».

Dal punto di vista televisivo, il “vox populi” è stato inventato da Gianfranco Funari…
«Gianfranco Funari è stato il precursore, semplice e rivoluzionario al tempo stesso. Io non oso mettermi al suo livello: quando qualcuno mi accosta a Milly Carlucci, dico sempre che vorrei avere anche solo un’unghia del suo talento. Sono figure che si ammirano dal basso, con rispetto. Ma se riuscissi anche solo a ottenere una parte di quello che otteneva Funari dalle persone, avrei già vinto».

Come ti senti in questo progetto?
«È un programma che sento mio, perché l’ho seguito dall’idea embrionale fino alla nascita. Penso che abbia ottime potenzialità: il bar è un luogo che vive al mattino, al pomeriggio, alla sera. È sempre frequentato e sempre vivo. Così vogliamo che sia il nostro programma».

E guardando al futuro? Ti senti “donna Rai”?
«Assolutamente sì. Sono in Rai da vent’anni, mi considero aziendalista e amo questa azienda perché mi ha dato tanto. Non penso a cambi di maglia, non adesso. Abbiamo ancora cose belle da completare qui. Questo programma è solo l’inizio».

La Rai reggerà la sfida con Mediaset?
«Io dico di sì. Basta guardare gli ascolti: mercoledì sera sul prime time è stato un testa a testa, 4,6 contro 4,5. Ci vuole tempo per fidelizzare il pubblico. Stefano De Martino ha detto una cosa bellissima: siamo come due esercizi commerciali sulla stessa strada affollata. Ecco, io direi: come due bar di paese, uno accanto all’altro».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.