Tra chi fugge e chi ci sta, è cominciata la sfida dei leader in vista delle elezioni europee. Ed ecco che, pian piano, si sta componendo il quadro dei big dei partiti che non si tireranno indietro da una corsa, che sarà anche un test nazionale, a quasi due anni di distanza dalle elezioni politiche. Un voto che ha visto il trionfo di Giorgia Meloni e dei suoi Fratelli d’Italia. A proposito: a quanto pare la premier dovrebbe essere della partita. Lo ha fatto intendere chiaramente durante la conferenza stampa del 4 gennaio scorso. Quando ha spiegato: “Sul tema della candidatura alle europee è una decisione che non ho ancora preso. Sono persona per la quale niente conta di più che sapere di avere il consenso dei cittadini”. Quindi l’apertura: “Per cui tutte le volte che io ho avuto l’occasione di misurarmi col consenso dei cittadini l’ho fatto e anche ora che sono Presidente del Consiglio secondo me misurarsi con il consenso dei cittadini sarebbe a maggior ragione una cosa utile e interessante”.

Di fatto un passo in avanti. Una sfida lanciata anche agli altri leader. A partire da Giuseppe Conte ed Elly Schlein, certo. Ma anche un messaggio in bottiglia spedito agli alleati: Matteo Salvini e Antonio Tajani. Intanto possiamo dire che l’unico capo di partito che correrà sicuramente è Matteo Renzi, fondatore di Italia Viva. “Giorgia Meloni ha fatto capire che avrebbe tanta voglia di candidarsi alle elezioni europee. Lo vuole fare non per cambiare l’Europa ma per fare un test nazionale su di sé e sul suo partito”, scrive il senatore ed ex premier nella sua Enews. Poi Renzi ribadisce la sua scelta di volersi misurare con la competizione per un seggio all’Europarlamento: “Come sapete, io sarò della partita, come ho annunciato a Milano il 9 ottobre scorso. Lo ribadisco oggi che mancano cinque mesi alle elezioni”. E ancora il leader di Italia Viva: “Chi crede in un’Europa diversa da quella sovranista della destra radicale e quella populista del tandem Schlein/Conte ci dia una mano. Ma sono molto fiducioso perché voterà per noi anche chi vuole un’Italia in cui si cambi questo Governo e cambi anche questa opposizione inconcludente. Ci siamo, sarà una sfida bellissima”. Bene, Renzi corre. E il 6 febbraio torna in libreria con “Palla al centro – La politica al tempo degli influencer”, il suo nuovo libro.

Europee, Salvini e Tajani e l’obiettivo del passo indietro di Meloni

Poi ci sono quelli che ci stanno pensando e quelli che già si sono sfilati. Mentre Meloni e Schlein riflettono sul da farsi, i loro principali alleati sono scappati. Parliamo di Antonio Tajani, Matteo Salvini e Giuseppe Conte. Partiamo dal centrodestra. L’annuncio del forfait dei leader di Lega e Forza Italia è arrivato quasi in contemporanea. Con il medesimo obiettivo, ovvero quello di spingere anche Meloni al passo indietro. Così da non rendere plastica la differenza abissale di consenso tra i tre moschettieri del centrodestra. Un divario che comunque è già fin troppo evidente. Ma la verità è che Tajani e Salvini stanno facendo di tutto per preservare la loro leadership per il maggior tempo possibile. E mettere la faccia su un flop più che probabile potrebbe innescare un effetto domino dagli effetti tutt’altro che prevedibili. Meglio fare un passo indietro, nella speranza che Meloni rinunci a stravincere, senza sfruttare l’effetto traino su FdI di una sua candidatura diretta. Tajani, in un’intervista a La Stampa, è stato più diplomatico, ma di fatto ha espresso il suono  alla candidatura: “È un errore candidare i leader in Europa”. Poi ha abbozzato: “O tutti i leader o nessuno, ma credo ci sia il rischio che si perdano di vista le priorità del governo”. In effetti, nella testa di Tajani, la corsa alle europee sarebbe una mossa da kamikaze. Forza Italia ribolle e in tanti invocano la leadership di Letizia Moratti. Il partito è in crisi di identità e non si schioda dal 7%. Con queste premesse, se il ministro degli Esteri mettesse la faccia su una sconfitta simile, la sua leadership verrebbe messa decisamente in discussione il giorno successivo al voto. Infatti il vicepremier forzista, per motivare il suo no, ha parlato anche dell’imminente congresso di Forza Italia. “Tajani parla del congresso perché non sa nemmeno cosa accadrà al partito e a se stesso dopo le europee”, dice una fonte di maggioranza.

Europee, i dubbi di Schlein e la ‘strategia’ di Conte

A leader di Forza Italia fa subito eco Salvini. “Non mi candido alle europee, continuerò a fare il ministro”, l’annuncio a Quarta Repubblica, su Rete4. Poi l’endorsement: “Vorrei Vannacci”. Una figurina, una mossa della disperazione per cercare di contenere i meloniani, ma senza metterci la faccia in prima persona. Anche perché, con il partito sotto al 10%, i governatori del Nord scalpitano e Luca Zaia è pronto a lanciare la sua proposta alternativa al salvinismo. Meglio non peggiorare le cose. E poi ci sono i due litiganti del campo largo, Schlein e Conte. Lei ci sta pensando. I suoi la vorrebbero in prima linea, il resto del partito tentenna. Chi la vorrebbe in campo è convinto che un pieno di preferenze possa allontanare le sirene di una “riflessione interna” sulla sua leadership, anche con un risultato sotto al 20%. La segretaria, però, teme trappole e ha paura che si tratti di consigli trabocchetto, volti ad affossarla più che a blindarla. Molto dipenderà anche da ciò che deciderà di fare Meloni. Con la premier candidata, Schlein vede lo spettro di una sfida in cui l’inquilina di Palazzo Chigi potrebbe doppiarla, mettendo fine automaticamente alla sua segreteria. Un duello Meloni-Schlein, con la segretaria che prende molti meno voti della presidente del Consiglio, con un Pd sotto al 20%, sarebbe la tempesta perfetta in grado di innescare un cambio della guardia al Nazareno. Poi c’è Conte. L’avvocato di Volturara Appula ha già messo in chiaro che non si candiderà per “non prendere in giro gli elettori”, perché lui non vuole fare il parlamentare europeo. In realtà il leader del M5s preferisce aspettare che Schlein si schianti da sola, senza correre il rischio di sfidarla in un derby che potrebbe vederlo perdente.