Inserito tra le proposte del Premio Strega con L’imitazion del vero e con Sillabario all’incontrario, pubblicati da TerraRossa nel 2020 e 2023, Ezio Sinigaglia trova conferma della sua giusta riscoperta editoriale e torna in libreria con un romanzo sospeso fra il noir e la commedia, “Grave disordine con delitto e fuga”, ancora per TerraRossa. L’ingegner De Rossi, giovane manager di successo già al vertice di quattordici aziende, con una vita piacevolmente borghese, una moglie e un figlio, sembra il prototipo dell’uomo distinto, è risoluto, ma anche molto abile a fiutare il disordine, e ogni minaccia di deragliamento, così da allontanarsene con prontezza. L’equilibrio iniziale, perfetto, ma precario come da eterna prassi, s’inceppa quando nella vita dell’ingegnere fa il suo ingresso un fattorino dotato d’una bellezza irresistibile e del tutto spontanea.

Jimmy sarà l’incognita pronta a fronteggiare, sfidandola, quest’esistenza lieve tutta ripiegata sulle abitudini e su un ordine maniacale: dei libri, dei vestiti, delle macchine, delle ville in città, al mare e in montagna. Per l’ingegnere è una linea dritta che si spezza. La spirale in cui si trova a precipitare viene innescata dall’arrivo di un ragazzo, ultima ruota del carro lì in azienda, che con la sua sola presenza minaccia l’intero meccanismo di una vita splendidamente prevedibile. Sinigaglia modella una voce in terza persona, ora detestabile per ruvidezza, ora commovente per sprazzi di sconcertante umanità, e dentro tali contrasti accompagna il lettore in questa discesa agli inferi paradossale e penosa. “La bellezza di Jimmy era una di quelle bellezze, invero rarissime, che non dipendono da nessuna condizione e che non presentano nessun limite, debolezza o difetto”. Poco più che adolescente, il turbine pronto a compromettere suo malgrado l’armonia dell’ingegner De Rossi è un giovane che è bello da immobile e in movimento, in piedi, seduto, di fronte e di profilo, irrimediabilmente attraente, seppure nulla di artificioso si riveli in quelle sue fattezze, nel colore dei capelli o dell’incarnato, e perfino nei vestiti dozzinali con cui si presenta al lavoro. “Jimmy emanava una carica d’attrazione animale”. Da qui, il climax d’inquietudine del protagonista e l’inevitabile sterzata in un abisso di pensieri indesiderati e spaventosi. L’ingegnere deve porre rimedio a quel “lieve disordine”, prima che la lievità si trasformi in qualcosa di più grande e di meno asportabile. Approfitta dunque della temporanea assenza della propria famiglia e attira Jimmy in casa sua.

Non è importante capire in che modo, o attraverso quali astuzie autoriali, un luogo fin lì così placido, confortante e conformante, si tramuti ora nella scena di un crimine. Ciò che erompe dalla storia di Sinigaglia, del suo ingegnere piccolo e della sua grande ossessione, è la conferma di quanto in letteratura il pretesto rivesta una funzione sempre marginale rispetto alla capacità dell’autore di far maturare, da un lampo, quel raggio in chiaroscuro che parla di noi. È la sorte a sciogliere la matassa di questa vicenda, così come è la repressione sociale o familiare o caratteriale, o un po’ tutto di questo insieme, ad averla innescata. C’è un respiro di sconcertante liberazione nella scena in cui l’assassino estrae “con concitata efficienza dai suoi tessuti pregiati il sesso pulsante di desiderio e di rabbia e lo accostò all’umido varco fra i due magnifici globi di rame.”

Il senso della ricompensa tragica che ci è stata lasciata in dote dalla tragedia greca, un caotico confondersi tra desiderio e morte, la vaga ma amara illusione di un equilibrio ancora ripristinabile. Se l’ordine è fissità, mancanza di moto a luogo, l’esistenza di ognuno sarà pronta a smentirlo in ogni battito del suo incessante movimento. Insistenza nel desiderare e inconsistenza nel mettere in atto coincidono, in un’andatura che non può che essere beffarda, perché imprevedibile nelle sue conseguenze, ma in questo romanzo anche comica, seppure luminosamente drammatica.