Gli effetti del surriscaldamento globale
I giorni della Merla non sono i più freddi dell’anno, ecco perché
L’anidride carbonica è quella che produce l’effetto serra (molto più citato, che compreso). Eppure l’effetto serra lo sperimentiamo personalmente, ogni qualvolta parcheggiamo la macchina all’aperto in una giornata fredda, ma assolata. Immaginiamo di avere una berlina e che accanto a noi abbia parcheggiato il proprietario di una cabriolet. I raggi del sole scaldano la tappezzeria della cabriolet, ma il calore così prodotto fugge all’esterno. Quando il proprietario della cabriolet monterà in macchina, non avvertirà una grande differenza di temperatura rispetto all’ambiente circostante. Quando invece noi entreremo nella nostra berlina, sentiremo un calduccio confortevole. Perché? Anche nel nostro caso i raggi del sole, penetrando attraverso il parabrezza e i finestrini, hanno raggiunto la tappezzeria e l’hanno scaldata. Ma stavolta il calore non ha potuto fuoriuscire, perché l’abitacolo è chiuso, ed è quindi rimasto imprigionato all’interno. L’abitacolo si comporta come un thermos.
Il fenomeno di surriscaldamento dell’abitacolo dovuto al passaggio dei raggi del sole attraverso i cristalli della macchina, e il conseguente imprigionamento del calore che i raggi producono, è il famigerato “effetto serra”. È chiamato così, proprio perché è questo il meccanismo che viene sfruttato nelle serre e che permette di coltivare piante primaverili in inverno. Lo stesso fenomeno si verifica su scala planetaria. L’anidride carbonica presente in atmosfera, crea uno strato che svolge la stessa funzione del parabrezza: essendo trasparente ai raggi del sole, consente che questi raggiungano la superficie terrestre, dove si convertono in calore, ma il calore non riesce penetrare questo strato e a disperdersi nello spazio esterno alla Terra. In pratica, abbiamo messo una cappotta all’atmosfera, trasformando il pianeta, che era una cabriolet, in una berlina.
L’eccesso di calore presente al suolo innesca una serie di processi che coinvolgono tutte le componenti dell’ecosistema, masse d’aria della troposfera e della stratosfera; acque dolci e acque salate; terre emerse coltivate e brulle; ghiacciai terrestri e ghiacciai marini; continenti e isole; latitudini tropicali, fasce temperate e regioni polari. Non si salva nessuno. Però, mentre è facilmente comprensibile che, se c’è molto calore in giro, anche i giorni della Merla possano sembrare giorni di maggio, non è altrettanto evidente il contrario, ovvero che i giorni di maggio possano essere gelidi come (dovrebbero essere) quelli della Merla.
Tutto però appare chiaro se si esamina da dove arrivava l’aria gelida che ha assiderato maggio scorso. L’aria proveniva dal Polo Nord ed era scesa alle nostre latitudini riscaldandosi un po’ lungo il tragitto, ma restando sensibilmente più fredda dell’aria primaverile presente prima del suo arrivo. La causa di questa discesa è un fenomeno chiamato “stratwarming”, riscaldamento stratosferico.
Sopra il circolo polare esiste una corrente di aria che gira intorno al polo nord, formando come una ciambella rotante intorno all’asse terrestre. Questa corrente è solitamente confinata nella regione polare. Disgraziatamente, a causa del surriscaldamento del pianeta, negli strati alti dell’atmosfera polare si genera a volte una bolla di aria calda.
Aria calda in alta quota al Polo Nord! E non parliamo di aumenti di temperatura di qualche grado, ma di decine e decine di gradi. Si sono registrati picchi di aumento di temperatura di oltre 50 gradi in pochi giorni! Questa bolla di aria calda interferisce con la corrente di aria gelida che circola intorno al polo e la scaccia dalla sua sede naturale. Ma siccome siamo al Polo Nord, che per definizione è il punto più a Nord del pianeta, l’unica via di fuga per queste masse di aria polare è verso Sud, alle nostre latitudini. Ed è così che il caldo… può anche produrre il gelo! Nessuna contraddizione, anzi una riprova ulteriore, se si studia bene la fisica.
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