L'intervento
I processi taroccati a Berlusconi sono guerra contro l’Italia liberale
Silvio Berlusconi io allora lo conoscevo perché Paolo Mieli, direttore della Stampa, me lo aveva fatto intervistare. Ricordo perfettamente il tono scandalizzato di tutti coloro cui dicevo che era un gigante di fronte a quei nani, benché si portasse dietro tutti i vezzi, i modi del ricco borghese brianzolo, cui piacciono le donne, divertirsi. Lo stesso mi era accaduto entrando in contatto con Francesco Cossiga, che non conoscevo e che mi aveva pescato lui per caso durante una conferenza stampa: avevo imparato che stare a contatto di questi eversori del sistema fondato sull’egemonia totale della sinistra, significa condannarsi al ludibrio, all’irrilevanza, alla frattura con gli amici
Abbiamo sempre saputo che il bombardamento di processi contro Berlusconi era anomalo, cioè prefabbricato. Bastava fare i conti. Nessuno, mai, era stato così colpito con avvisi di garanzia. Era o non era l’avviso di garanzia un’arma politica?
Quando il Corriere della Sera decise di render pubblico quello che Berlusconi ricevette durante il suo primo governo proprio mentre presiedeva a Napoli un summit mondiale sulla criminalità, ebbe il potere di disintegrare la sua coalizione: Bossi se ne andò per non infangare il brand della lega, il governo cadde e vennero i tecnici di Dini che prepararono l’arrivo di Prodi, sicché il famoso “ventennio berlusconiano” (che evoca quello mussoliniano) fu prevalentemente di sinistra e quando Berlusconi tornò, sulle ali di una vittoria clamorosa, fu cacciato con una congiura dello Spread e poi messo fuori combattimento con la cacciata ignominiosa dopo una sentenza che non stava né in cielo né in terra, quella appunto di cui si parla in questi giorni.
Berlusconi è stato atterrato, insultato e così tutti coloro che hanno tentato di sostenerlo. Io ruppi con lui quando applaudì l’invasione russa della Georgia: avevo avuto i miei morti senza giustizia nella commissione Mitrokhin, ebbi un rifiuto mio etico e storico a proteggere i russi. Ma oggi è evidente tutto quello che è accaduto ed è ora per tutti di andare sulle barricate della democrazia, di difendere il Parlamento dalle orde pentastellate, di rivoltarsi contro le jene, i conformisti, tutto quel genere di gente che ha come unica ideologia la puzza sotto al naso. Adesso abbiamo materiale sufficiente per agire, per chiedere di restituire all’elettorato italiano ciò che era ed è rimasto suo: lo spudorato ed eroico progetto di costruire un partito liberale di massa che ancora può rinascere. È ora che il Parlamento, con un sussulto di dignità, Renzi compreso, chieda e anzi imponga una legge per istituire una commissione d’inchiesta. È ora di capire che una vittoria finalmente si profila all’orizzonte per tutti coloro che vogliono un Paese occidentale, libero e liberale, laico, libertario, capace di sfrontatezze ideali e ideologiche, come quella di quel giovane matto che da Napoli riuscì a far imporre a Philadelphia il principio, costituzionale secondo cui ogni essere umano, ogni persona ha il sacrosanto diritto alla vita, alla libertà e a cercare come crede la propria felicità.
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