I processi con cui hanno tagliato le gambe a Berlusconi erano taroccati. Dunque, sia fatta giustizia non solo a lui, ma a tutto quel Paese che l’ha delegato, votato, che si è sentito rappresentato, specialmente dopo il golpe con cui i partiti della prima Repubblica sono stati ammazzati, azzoppati, ammutoliti, portati alla gogna e alla ghigliottina. Voglio scrivere per i cronisti che un giorno verranno, ma anche per quelli che già ci sono ma non sanno di esserci. E per quelli che un po’ l’avevano capito, ma speravano che non fosse proprio così. Quelli che giravano la testa dall’altra parte e quelli che l’avevano capito benissimo e si fregavano le mani, ma che speravano che non venisse a galla. Premessa biografica: come giovane sinistrese del secolo scorso martirizzai i miei genitori conservatori con tutte le armi dello scherno, svalutazione, inflizione del pregiudizio morale.

Mi sono portato dentro le tracce di questo coronavirus del razzismo etico, del contorcimento sdegnoso finché non capii. E, pensate: fu Eugenio Scalfari a farmelo capire spedendomi a riscoprire le radici della borghesia Europea, per la Repubblica negli anni Ottanta. Cominciai a rendermi conto che una delle modalità dello sviluppo umano porta ai migliori risultati per quanto difettosi ed è la borghesia, incluse le terribili con le macchie dell’accumulazione primaria che ha spedito i bambini nelle miniere ai tempi di Dickens, ma sempre accompagnata da risultati, progressisti, cui dobbiamo la liberazione degli schiavi attraverso le macchine e poi dei minatori e persino della donna liberata dalle funzioni di schiavo. E tutto grazie alla libertà del libertinaggio e della scienza, dello sviluppo della medicina dell’igiene e della stampa. Borghese.

Un giorno mi guardai allo specchio e, come l’orrendo personaggio della Metamorfosi di Kafka si era visto trasformato in un enorme insetto, io vidi in me l’orgoglio della borghesia, quando il mio guru di riferimento era Bertrand Russell, un uomo che raccontava la sua infanzia in compagnia di un nonno che aveva incontrato Napoleone e che scrisse un magnifico saggio sulla supremazia dell’Occidente. Noi, i borghesi, noi gli occidentali, noi che tra fiumi di sangue e tonnellate di male, abbiamo comunque tirato fuori questa pepita che è il primato della libertà. Anche questo Napoleone, sia detto in gran segreto, non era poi il male assoluto, essendo stato un borghese che aveva strappato la corona dei re e degli imperatori per mettersela sulla sua testa per disprezzo degli imparruccati. Quando morì Gaetano Filangieri, diafano adolescente dell’aristocrazia napoletana nato già morto per la tubercolosi, Napoleone lo definì «Ce jeune homme qui est nos maître a tous», questo giovane maestro per tutti noi. E quel jeune homme aveva convinto Benjamin Franklin ad inserire nella Costituzione americana «il diritto alla ricerca della propria felicità», che non è il diritto alla felicità, ma il diritto a spendere la propria vita per cercare quella, a misura di individuo singolo unico, che ciascuno e ciascuna vuole nella piena libertà.

La libertà, gli Stati Uniti, il diritto a cercare ognuno come cavolo gli pare la sua privata e unica felicità, a rifiutare la massa, i forconi, i vaffanculo da palcoscenico, i gulag, i lager. La borghesia è quel mondo per cui il più alto valore è quello della libera vita della singola persona, unica come la sua impronta digitale, la più piccola e indifesa minoranza etnica, l’io inerme di fronte alle macchine livellatrici delle ideologie che pretendono di ingegnerizzare i popoli, le classi, le razze, i generi. Perché a milioni hanno votato Berlusconi? Perché ha saputo presentarsi come un campione della borghesia. Le purulenze che emergono dall’età dei processi a Silvio Berlusconi non appartengono al genere degli “errori giudiziari”, non sono sviste, lentezze, ma atti di guerra armata non soltanto contro l’uomo Berlusconi, questo temerario che si mette di traverso alla storia già scritta e si fa fracassare le ossa, ma contro tutti coloro che magari senza neanche saperlo, si sono ritrovati rappresentati dalla sua molteplice capacità di rappresentare. Non importa se fossero socialisti, cattolici, moltissimi comunisti, tutti però nell’anima liberali.

Il nostro Paese aveva bisogno di un grande borghese che fosse nato e cresciuto come un borghese facendosi da solo e con tutte le modalità della vita imprenditoriale di chi produce ricchezza e la distribuisce e dà lavoro, e paga le tasse e apre le fabbriche e si inventa un accidente di meccanismo grazie al quale spedisce su e giù per le montagne videocassette col secondo tempo alle piccole emittenti che hanno appena proiettato il primo tempo, facendo friggere di rabbia tutti quelli che volevano l’esclusiva – la loro – sull’etica, estetica e politica. Guardatela, oggi, l’etica degli esclusivisti dell’etica: hanno dato il reddito di cittadinanza alla mafia e non un solo giovanotto sul divano ha trovato lavoro grazie al navigatore che invece, lui sì, ha trovato lavoro perché fa il navigatore, uno dei mestieri più inesistenti della Terra, salvo che nella celebre iperbole mussoliniana sul popolo dei santi, navigatori ed eroi. Troppi eroi, troppi santi, troppe eccellenze, troppi preti eroi, giornalisti eroi, magistrati eroi, e basta! C’era una volta il progetto della normalità. L’imprenditore costruisce ed assume, dà da mangiare a milioni di famiglie, si arricchisce e conduce una vita agiata perché è suo diritto e quella si chiama borghesia, una strada aperta a tutti perché ogni operaio se vuole può invece essere un artigiano, ogni impiegato può essere un imprenditore, ogni manager può se vuole rischiare in proprio e fare la sua fabbrica. Chi governa oggi regala soldi alle mafie, rifiuta il MES soltanto perché se accetti il MES ti vengono a controllare in casa se lo usi davvero per la sanità o per fare un favore agli amici.

Torniamo a Berlusconi. Quando cominciò a dare segni di vita politica, si trovò di fronte un muro alto ottomila chilometri d’acciaio, fuochi diffamatori, accuse demenziali ma tutte in carta bollata. Scherno affidato ai comici che con lui hanno vissuto la più lieta stagione della loro vita. Ma perché ci fu subito questa chiamata alle armi non appena Silvio Berlusconi fece capolino sulla scena politica? Ma è facilissimo. Perché emerse come impedimento al piano limato e preparato da decenni: quello – prevalentemente americano e inglese e tedesco, ma con molte radici casalinghe – di spazzare via la classe dirigente della Prima Repubblica in particolare democristiana e socialista, per sostituirla con la nuovissima linfa comunista, adorata al Dipartimento di Stato.

Poi finalmente l’Urss collassò, Reagan e Thatcher vinsero sull’impero della depressione e della paranoia e il neo-ribattezzato PDS di Achille Occhetto si sentì oliatissimo per raccogliere i frutti lungamente coltivati. Tutti erano strasicuri che la famosa macchina da guerra conquistasse il potere, dopo che un bombardamento a tappeto, operato dai bombardieri del gruppo “Clean Hands”Mani Pulite – aveva fatto piazza pulita della Prima Repubblica. Quell’operazione non aveva scoperchiato proprio nulla: produsse alcune morti tragiche, come quella di Emanuele Cagliari “suicida” con un sacchetto di plastica o di Raoul Gardini che prima porta i soldi a Botteghe Oscure, poi si fa una doccia e quindi con distrazione si spara una revolverata. Che volete: momenti di malumore, ma quanto al resto, un flop.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.