"La gente dov'è?"
Il ferragosto in Italia dura un mese, il dolce far niente guidato dalla politica: siamo in ferie da cosa? Chiederebbe ancora Marchionne
Sorpresa: a Ferragosto si possono convocare anche summit internazionali. Il vertice in Alaska tra Trump e Putin, deciso per il 15 agosto, potrebbe destabilizzare il calendario italiano, abituato a segnare con un segno barrato tutto il mese. In verità le Istituzioni parlamentari, Camera dei deputati e Senato della Repubblica, sono persino più generose con le ferie: hanno chiuso i battenti rispettivamente il 6 e il 9 agosto. E fino al 10 settembre sarà tutto fermo. Non è detto che la convocazione dei “capigruppo” per il 10 settembre coincida con un tour de force: sarà piena campagna elettorale per le regionali, e da che mondo è mondo, quando si vota, i parlamentari devono sostenere candidati e promuovere iniziative sul territorio.
Il dolce far niente
La solita lunga pausa a cui siamo abituati da tempo, almeno in Italia; più o meno dal tempo della scuola (in realtà era più lunga l’interruzione, ma anche in quel caso l’Italia aveva un non invidiabile e insuperato record). Siamo fatti così. Siamo il Paese della “dolce vita”, che in certi casi coincide con il “dolce far niente”. Non per tutti, beninteso. Ma anche la magistratura si prende due mesi feriali, che modificano i termini, come se non esistessero sul calendario. Così per le Università. Ovviamente le scuole di ogni ordine e grado. Persino alla Rai si prendono una lunga pausa, ma senza ridurre il canone, ovviamente. Da luglio a settembre l’azienda radiotelevisiva di Stato (che conta circa 13mila dipendenti, di cui duemila giornalisti e 300 dirigenti) produce un palinsesto di repliche, mentre la concorrenza ha scelto di fare programmi in diretta per tutta l’estate.
In verità anche i giornali abbassano la foliazione e riducono inserti e approfondimenti, anche quelli economici: si sa che d’estate non cambiano i dazi, si fermano le scalate bancarie, la Borsa chiude per ferie. Le aziende? Devono adeguarsi alla contrattazione collettiva, che non riesce a garantire aumenti salariali, ma non lesina permessi, rol, ferie e affini. Senza che venga il dubbio che per aumentare i salari si dovrebbe aumentare la produttività, invece che varare una legge. D’altronde anche i sindacalisti devono godersi le ferie e senza sindacalisti in molte aziende non si muove foglia, non si fanno assunzioni, non si deliberano piani di welfare, non si adeguano piani industriali.
“In ferie da cosa?”
Inevitabile che venga alla memoria la scena più volte ricordata di Sergio Marchionne. Un suo discorso tenuto nel 2013 agli studenti dell’Università Bocconi di Milano è diventato virale. In quella occasione sottolineò con tono evidentemente negativo che l’Italia è l’unico Paese in cui c’è un mese all’anno, agosto, in cui tutti gli uffici, o quasi, sono chiusi per ferie. E in molte imprese si lavora a ranghi ridotti, se non sono chiuse per ferie anche quando i loro profitti vivono “profondi rossi”. “Fuori dall’Italia – disse Marchionne – si vive una realtà molto diversa da quel tipo di comfort che abbiamo noi, come il fatto che tutti vanno in ferie in agosto. Tutto il mese, da sempre”. “Il primo giugno del 2004 ero diventato ad di Fiat – aggiungeva Marchionne -. L’azienda perdeva ogni giorno 5 milioni di euro. Stavo girando per il mondo per rendermi conto dei problemi dell’azienda; arrivo in Italia, vado in ufficio e non c’è nessuno. Ho chiesto alla mia assistente: ‘La gente dov’è?’ Mi risponde: ‘Sono in ferie’. E io chiedo: ‘Ma in ferie da cosa?’”.
Non è bastato Marchionne. Forse ha inciso di più il suo look con camicia e maglione, senza giacca e senza cravatta, non certo le sue abitudini da uomo di multinazionali. Dopo vent’anni dalla sua rivoluzione alla Fiat – lasciamo perdere come se la passa l’azienda – guardiamoci attorno. Dovremmo chiederci ancora: “La gente dov’è?”. Potremmo sentirci rispondere: “Dove sono i loro rappresentanti parlamentari. O dov’è chi amministra la giustizia. In ferie”.
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