Era la notte tra il 29 febbraio e il 1 marzo del 2020 quando Ugo Russo, quindici anni, tentava di rubare un rolex a un uomo che era fermo in macchina con la sua fidanzata in via Generale Orsini. Quell’uomo era un carabiniere fuori servizio, ma aveva con sé la pistola d’ordinanza: spara la prima volta e lo centra al petto, Ugo è terrorizzato, si gira di schiena e scappa, il carabiniere spara ancora. Sei colpi in tutto, uno mortale alla testa. Ugo muore. L’amico che era in motorino con lui, illeso, scappa. Dopo ben due anni e otto mesi le indagini terminano: omicidio volontario per il carabiniere che nel frattempo è ancora in servizio e che all’epoca dei fatti aveva ventitre anni.

“Dopo tre anni durissimi da trascorrere – afferma Enzo Russo la chiusura indagini rappresenta il primo passo. In questi anni, avendo comunque sempre fiducia nella giustizia, siamo stati al centro di insulti e attacchi ma abbiamo resistito perché fin dal primo momento il luogo del ritrovamento del corpo di Ugo, i sei fori di proiettile in entrata e uscita, il colpo alla testa, ci hanno convinto di quello che ora emerge dalle indagini”. “ Mio figlio ha sbagliato – ripete Enzo – ma aveva una vita davanti per fare altre scelte giuste e nessuno aveva il diritto di togliergliela. Per nessuno può valere un principio di impunità, tantomeno per chi uccide. Ora mi aspetto giustizia e tutta la verità e soprattutto che il processo cominci presto”.

A chi gli ha chiesto un parere sul fatto che il militare sia ancora in servizio, il padre di Ugo ha risposto: “Dovete chiederlo a chi l’ha rimesso in servizio. E’ un problema dello Stato, questo, che ha rimesso in servizio, con un’arma, chi ha ucciso una persona”. Enzo Russo è arrivato alla conferenza stampa dopo aver recuperato la collanina di Ugo, dissequestrata stamattina. ‘’Dopo quel maledetto giorno i carabinieri sostenevano che il ragazzo l’avesse in tasca ed è stato anche scritto da alcuni giornali che fosse il frutto di un furto precedente. Una delle tante bugie che abbiamo dovuto sopportare. Questa – ha detto Enzo mostrandola commosso ai giornalisti – era un regalo della sua fidanzata che lui indossava sempre, anche nella foto che poi ha ispirato il murales”.

La morte di Ugo, appena quindicenne, aveva ovviamente dato man forte a quella parte, anche molto consistente, dell’opinione pubblica che con il solito ritornello del “Vabbè ma stava facendo una rapina” in qualche modo legittimava il fatto che un carabiniere possa giustiziare un ragazzino in strada. Sì, Ugo stava facendo una rapina, non si fa, è un reato, va bene, certo, ma pagarlo con la vita pare un prezzo un po’ troppo alto, o no? E ora la Giustizia, quel che resta della nostra Giustizia, deve dare risposte anche e soprattutto perché a uccidere è stato un uomo dello Stato. Nessuna gogna, ci mancherebbe, ma c’è una famiglia che aspetta risposte e soprattutto la verità.

L’intervento di Vincenzo Russo è stato preceduto da quello di due attivisti del Comitato “Giustizia e Verità per Ugo Russo”, che si è battuto per la famiglia del giovane: “A 15 anni – ha detto Alfonso De VitoUgo aveva ancora la possibilità di scegliersi la vita e noi vogliamo ringraziare gli intellettuali, come Isaia Sales, Domenico Ciruzzi e altri, che, in qualche modo, hanno sostenuto le ragioni di questa resistenza rispetto a una campagna di criminalizzazione in cui il processo sembrava dovesse scomparire. Speriamo invece che arrivi presto, ricordando che una parte è stata già svolta con l’incidente probatorio”.

“La nostra – dice Alfonso De Vito del comitato per Ugo Russoè una battaglia per affermare che il diritto alla giustizia appartiene a tutti. Cerchiamo di capire se a Ugo Russo è stata eseguita una pena di morte senza processo”. La chiusura delle indagini e l’accusa di omicidio volontario “è stato anche un primo momento di risarcimento emotivo per i suoi familiari, che hanno subito in questi anni una fortissima aggressione e criminalizzazione morale, dimenticando che, seppure Ugo aveva delle responsabilità per il suo gesto, aveva anche una vita davanti per misurarsi con quello che aveva fatto. Ugo è la vittima di questo procedimento, non il colpevole. Invece abbiamo vissuto una vera e propria furia ideologica che in qualche modo, puntando solo a criminalizzare il ragazzo, ne voleva anche in qualche modo legittimare la morte”.

Avatar photo

Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.