La decisione
Immunità Ilaria Salis, una boccata d’ossigeno nel clima di anti-politica. La destra grida all’inciucio: è il festival dell’ipocrisia
Ilaria Salis è salva. La Commissione Affari giuridici del Parlamento europeo ha agito nel pieno rispetto dei doveri garantisti, che vanno applicati sempre e comunque. Persino per l’esponente di Avs, imputata per un’aggressione. L’immunità non è un affronto alla magistratura ungherese o una zona d’impunità per la casta, ma una boccata d’ossigeno nel clima di anti-politica: i princìpi dello Stato di diritto valgono anche per gli avversari.
È stata una votazione politica, a scrutinio segreto, frutto di un accordo che, con l’aiuto del Partito popolare europeo, ha portato a quel risultato di 13 voti contro 12 che è diventato simbolo di libertà. E che, immaginiamo, sarà confermato il prossimo 7 ottobre nell’assemblea plenaria, che difficilmente sconfessa le decisioni “tecniche” delle commissioni. Se pure sappiamo che in Europa l’immunità parlamentare è sacra, e non è un privilegio personale dei deputati, ma una garanzia di indipendenza e integrità del Parlamento nel suo complesso, nelle prime dichiarazioni di ieri, fin dal mattino e soprattutto da parte dei politici italiani, si manifesta più lo scontro politico che non la difesa di princìpi e garanzie.
La soddisfazione di Ilaria Salis
Soddisfatta Ilaria Salis, ovviamente, cui nessuno poteva chiedere di recitare la parte di Enzo Tortora, e che non ha celato la propria fragilità di ragazza più abituata alle lotte sociali e illegali sulla casa che non agli scranni istituzionali. Salis non è Tortora e l’Ungheria non è l’Italia. Lui ha voluto, insieme a Marco Pannella, trasformare il proprio caso – un liberale per bene trasformato in spacciatore ed esposto al ludibrio della diretta sulle manette – in una denuncia del sistema giudiziario. Lei voleva solo salvarsi. Probabilmente ci è riuscita. Anche se il relatore in Commissione, lo spagnolo Lazara del Ppe, che aveva inutilmente proposto un’immunità parziale, ha messo in guardia da quel che potrebbe succedere alla Corte di giustizia dell’Unione europea, che potrebbe revocare l’immunità votata dal Parlamento. È stato il suo l’unico intervento tecnico-giuridico, e anche sensato.
Il festival dell’ipocrisia
Per il resto, soprattutto nel settore di lingua italiana, abbiamo assistito a un vero festival dell’ipocrisia. Nel nome, naturalmente, della difesa dello Stato di diritto. Da una parte gli esponenti dei due partiti più securitari del centrodestra, Lega e Fratelli d’Italia, hanno dato giudizi taglienti sull’“inciucio” tra socialisti e popolari. Questi ultimi, accusati di tradimento, rappresentati anche da un collega ungherese dissidente di Orbán e a sua volta imputato di regime. Matteo Salvini ha liquidato la faccenda come “eurovergogna”, grandi strilli su privilegi e ingiustizie per la diseguaglianza tra deputati e cittadini. Non di maggiore nobiltà le ipocrisie a sinistra. Soprattutto da parte di coloro, come gli sponsor diretti di Salis, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, che mai avrebbero concesso il proprio voto per salvare un antagonista politico.
È uno spreco di vocaboli come “garantismo” e “difesa dello Stato di diritto”. Naturalmente, contro un nemico politico come Orbán non è difficile. Soprattutto dopo aver visto le immagini della prigioniera che veniva mandata nell’aula processuale con le catene alle mani e ai piedi. Come non ricordare la vera sollevazione popolare che in Italia si scatenò per molto meno negli anni di Tangentopoli in difesa del portavoce della Dc, Enzo Carra, fotografato con gli schiavettoni ai polsi? Perlomeno lui aveva i piedi liberi di camminare. Ma si parlava soprattutto di politica, come nel comunicato del gruppo La Sinistra, che invitava a “non cedere alle minacce del leader autoritario Orbán”. E l’autonomia della magistratura? E il principio europeo che stabilisce come i membri del Parlamento non possano “essere ricercati, detenuti o perseguiti per le proprie opinioni o per i voti espressi nella loro veste di deputati”?
Il principio dell’immunità
Che nella decisione della Commissione Affari giuridici del Parlamento europeo ci sia stata una forzatura è abbastanza ovvio. Ma coloro che credono nei princìpi dovrebbero trovare in sé la forza di credere davvero che il principio dell’immunità serva non a tutelare il singolo, ma a difendere la sacralità e l’integrità dell’istituzione stessa. C’è un modo di verificarlo da subito, qui in Italia. Sarebbe sufficiente approvare la proposta di legge presentata dalla Fondazione Einaudi e dai Radicali Italiani per ripristinare il principio dell’immunità nell’ordinamento italiano. È stata abolita da un Parlamento impaurito dall’attività di quattro giovanotti che avevano vinto un concorso ma che avevano creato uno squilibrio politico tra i poteri dello Stato. Quanti sarebbero oggi disponibili, a destra e a sinistra, nel nome del voto per Ilaria Salis, a votare perché anche il Parlamento italiano sia difeso nella propria integrità dalle incursioni dei procuratori?
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