Professore, cosa intende per società signorile di massa?
Una società signorile di massa è una società opulenta, che non cresce più, e in cui i cittadini nativi che accedono al surplus senza lavorare sono più numerosi dei cittadini che lavorano.

Aveva ragione Berlusconi quando diceva «saremo pure un paese in crisi, ma io vedo tutti i ristoranti pieni»?
Aveva ragione a metà, perché i ristoranti pieni sono solo una delle due facce della medaglia. L’altra faccia è data dall’infrastruttura paraschiavistica, in maggioranza costituita da immigrati, che contribuisce non poco al funzionamento dell’economia e al benessere dei “signori”.

Come fa ad essere di massa questa situazione di signorilità se tutti abbiamo la percezione che esistano tante persone in difficoltà economica? È sbagliata la percezione?
Non so se tutti abbiamo questa percezione. Direi piuttosto che le persone in difficoltà economica esistono, quelle in condizione di povertà assoluta pure, ma costituiscono una minoranza degli italiani, e circa la metà degli stranieri. I media e molti colleghi studiosi di scienze sociali hanno la grave responsabilità di aver costruito un racconto dell’Italia nel quale i problemi di una minoranza sono attribuiti alla maggioranza della popolazione.

Può descrivere, per favore, nel dettaglio con degli esempi le tre condizioni che definiscono una società signorile di massa spiegate nel libro?
Le tre condizioni sono di natura statistica e quindi non possono essere descritte con degli esempi. Il fatto che un paese sia in stagnazione è qualcosa che risulta semplicemente dalla dinamica del Pil.

Com’è possibile che in Italia il consumo medio superi il quadruplo della soglia di sussistenza, ossia che soddisfi una delle condizioni spiegate nel suo libro, considerato che quella soglia è di 500 euro al mese?
Quando io parlo di consumo medio mi riferisco al potere di acquisto di una famiglia media di cittadini italiani – escludo gli stranieri – corretto con una scala di equivalenza che tiene conto delle dimensioni della famiglia e delle relative economie di scala. Ventimila euro l’anno a testa possono essere pochi se si vive da soli in una casa in affitto, ma diventano tanti se tre persone vivono sotto lo stesso tetto e possono disporre di ventimila euro ciascuna. In Italia il reddito disponibile medio delle famiglie di cittadini nativi sfora i cinquantamila euro l’anno, e la dimensione familiare media è di poco superiore a due persone. Questo significa che, sempre in media e solo per i cittadini italiani, il reddito disponibile è dell’ordine di ventimila euro a testa, ossia quasi duemila euro al mese. Se però parliamo di consumo, dobbiamo anche considerare i consumi pubblici (scuola, sanità, ecc.) che si aggiungono a quelli privati, portando ancora più su il consumo medio pro-capite.

I pensionati vengono considerati tra coloro che consumano senza produrre anche se hanno prodotto prima, giusto?
Questa osservazione mi viene fatta spesso, ma si basa su un fraintendimento. Molti lettori non capiscono che io ho cercato di descrivere quel che succede, non di giudicarlo. Includendo i pensionati e i ragazzi fra i “signori” che accedono al surplus senza produrlo non ho voluto dare alcun giudizio morale, né sottintendere che a 15 anni si dovrebbe andare a lavorare, e tantomeno che si dovrebbe lavorare fino alla morte. Il concetto di condizione signorile è analitico e descrittivo, non etico-moralistico. Non c’è nulla di male a essere o fare i signori. Il problema nasce solo nel momento in cui a tale condizione aspirano più persone di quante siano disposte a lavorare, cosa che succede solo in due paesi, ossia l’Italia e la Grecia. Scolarizzazione e allungamento della vita hanno interessato tutti i paesi moderni, ma non in tutti il tempo dedicato al lavoro ha subito il crollo avvenuto in Italia. Negli Stati Uniti, ad esempio, il tempo di lavoro medio odierno è analogo a quello dei primi del Novecento, in Italia è più che dimezzato.

Quale ruolo hanno i giovani in questa situazione e quali prospettive?
Anche qui ognuno è libero di vedere le cose come preferisce. Se lo desidera, può aderire al racconto dei media, e descrivere i giovani come vittime di processi di esclusione sociale. Ma altrettanto bene può notare che la scelta di non lavorare, o lavorare poco, era preclusa alla maggior parte dei giovani delle generazioni precedenti, e che sotto questo profilo molti giovani di oggi sono dei privilegiati. Emarginazione e parassitismo sono due facce della stessa medaglia.

Quale ruolo hanno i vecchi?
Non si può generalizzare. Ci sono i vecchi-bancomat, che aiutano come possono figli e nipoti, e i vecchi non autosufficienti che incidono profondamente sulle esistenze di coloro che li assistono, o che ne pagano l’assistenza. L’impressione, confermata da alcune statistiche, come quelle sul numero di badanti, è che le famiglie tendano sempre più a liberarsi della cura dei vecchi, presumibilmente visti come ostacolo al consumo dei membri ancora validi.

Come si collocano gli immigrati nella società signorile di massa italiana e quale ruolo svolgono?
Di numeri esatti e analitici ce ne sono pochi. In base alle mie stime direi che, su 100 stranieri, regolari e irregolari, almeno la metà si colloca entro l’infrastruttura paraschiavistica che fa girare l’economia e serve i signori. Il resto di divide fra lavori di basso rango ma dignitosi, e lavori di tutto rispetto, ad esempio commessi in negozi e supermercati, che interessano anche molti italiani.

Esisterebbe la possibilità di un consumo signorile di massa senza la loro presenza, considerando la somma di regolari ed irregolari?
Se gli stranieri fossero completamente assenti vi sarebbero almeno due conseguenze. La prima è un significativo aumento dei costi di produzione in settori come edilizia, agricoltura, commercio, trasporto e magazzinaggio, con conseguente riduzione della competitività delle nostre merci e dei nostri servizi. La seconda è che sarebbe un po’ più costoso, e dunque meno di massa, vivere da signori, grazie a personale domestico e servizi estremamente economici.

E considerando solo gli irregolari e solo quelli che lavorano in nero: esisterebbe la possibilità di un consumo signorile di massa se domattina se ne andassero tutti altrove?
Più che impedire il consumo signorile di massa, la scomparsa degli stranieri irregolari lo renderebbe meno di massa. Gli italiani che possono accedere a consumi opulenti senza lavorare si ridurrebbero di numero, e quelli costretti a cercarsi un lavoro aumenterebbero un po’.

Qual è il passaggio successivo alla società signorile di massa? Verso dove andiamo, c’è solo il baratro all’orizzonte, nessun’altra possibilità?
Il passaggio successivo è molto chiaro: la stagnazione si trasforma in decrescita e, poco per volta, il consumo medio si riduce sempre di più. Mi chiede se c’è solo il baratro, ma bisogna intendersi. Sul piano logico non c’è nulla di ineluttabile, perché nessuno ci impedisce di tornare ad essere una comunità operosa. Sul piano empirico e storico, tuttavia, non possiamo ignorare che la mentalità, il costume, la cultura di un paese evolvono in modi tanto imperscrutabili quanto inarrestabili. E in Italia questa evoluzione, che dipende solo da noi, sta portandoci non al baratro, ma semplicemente a perdere una parte della nostra prosperità. Diciamo che, se ci impegnamo a fondo nel cammino che liberamente abbiamo intrapreso, fra una ventina d’anni potrebbe riuscirci di essere più o meno come la Grecia attuale. Con un’importante differenza, però: non avendo avuto la Troika, non potremo accusare l’Europa di esser la causa delle nostre disgrazie.

Cosa succede quando si assottiglia il risparmio? I soldi prodotti da quelli che lavorano potranno bastare a mantenere il consumo di tutti gli altri?
No, comunque li si investa il rendimento dei patrimoni accumulati è diventato troppo basso.

Quali sono le condizioni necessarie e sufficienti a far sì che la stagnazione diventi declino?
Sulle condizioni necessarie non saprei, perché tendo a pensare che non ci siano condizioni necessarie: i modi in cui una società riesce a spegnersi sono talmente tanti che risulta difficile individuare condizioni necessarie in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni cultura. Più facile individuare quelle sufficienti: a noi italiani basta continuare come stiamo facendo da una ventina d’anni.

La Francia, la Gran Bretagna e la Spagna: quali sono le caratteristiche di ciascuno di questi Paesi rispetto all’Italia che non le fa essere altrettante società di massa?
Nessuna di queste società è ancora in stagnazione, ma fra le tre penso che quella che ha più probabilità di diventare una società signorile di massa sia la Francia, soprattutto a causa del basso tasso di occupazione e dell’enorme peso della spesa pubblica. Quella più lontana da questa eventualità mi pare invece la Gran Bretagna, anche per la sua cultura protestante e la maggiore flessibilità dell’economia.

E la Grecia?
La Grecia, per certi versi, ci somiglia. Tasso di occupazione bassissimo. Ma per altri è molto diversa da noi, perché è meno ricca – non la definirei certo una società opulenta – e perché, ultimamente, è tornata crescere. Diciamo che, se continua a crescere per dieci o quindici anni e poi entra in stagnazione, la Grecia potrebbe diventare abbastanza simile all’Italia attuale. Per ora, fra le società di tradizione occidentale, l’Italia è l’unica società signorile di massa, ma in futuro potrebbe essere affiancata dalla Grecia, dalla Spagna, dalla Francia e dal Belgio.

Fotografando l’oggi, senza pensare al domani: una società in cui il numero delle persone che hanno un consumo signorile – indipendentemente dal fatto che molti di loro lo abbiano spendendo una ricchezza prodotta da altri – supera quello delle persone che producono, può essere considerata una società ricca?
Le questioni terminologiche non mi appassionano. Io ho provato a fare una fotografia del paese in cui viviamo, poi ognuno può scegliere l’aggettivo che preferisce.