Gap da superare
Intervista a Marina Irace: “Insegnare il digitale nelle aziende, la sfida di Almaviva”
Secondo il bollettino di Unioncamere-Anpal di inizio anno l’indicatore delle difficoltà di reperimento di lavori dotati delle competenze digitali necessarie ha raggiunto il 38,6% delle entrate programmate dalle imprese, ben 5 punti in più rispetto a un anno fa. Le maggiori difficoltà riguardano le aziende delle costruzioni (53,3% dei profili ricercati), seguite dalle industrie del legno e del mobile (53,0%), dalle industrie metallurgiche (52,5%) e dalle imprese dei servizi informatici e delle telecomunicazioni (51,9%). In pratica, tutta l’industria made in Italy, nonostante le difficoltà legate ai rincari dell’energia e delle materie prime, è impegnata nella ripartenza economica ma fa fatica a trovare i profili adatti.
La parola chiave è diventata: “mismatch”. Le aziende lamentano la mancanza di candidati – e, soprattutto, candidate – con competenze tecnico-scientifiche o laureati Stem, acronimo che sta per Science, Technology, Engineering e Mathematics. Spesso la preparazione è in larga parte inadeguata a ricoprire la mansione offerta. Ecco perché, per fronteggiare il “mismatch”, la gran parte delle aziende sceglie di assumere figure con competenze simili per poi formarle in azienda, una soluzione adottata nel 38,6% dei casi. “Il mondo dell’Information Technology è basato sulle abilità digitali. Non c’è mestiere che non abbia bisogno di questa competenza. In Italia abbiamo una difficoltà molto alta nel reperirle”, spiega Marina Irace, dal 2012 direttore delle risorse umane di Almaviva (dove era entrata nel 2000), il gruppo italiano guidato da Marco Tripi che opera nella tecnologia dell’informazione e nei servizi digitali a livello globale.
“L’asset più importante per noi è questo. Fino a qualche tempo fa – racconta Irace – noi assumevamo solo laureati nelle discipline Stem. Oggi sono sempre meno rispetto alle necessità delle aziende. La richiesta è talmente alta che attualmente, in Italia, non c’è un laureato in informatica che non lavori. Fino a poco tempo fa, la proporzione in azienda era di 75 laureati contro 25 diplomati. Ora i laureati sono scesi a 57 su 100 e il resto dei lavoratori sono diplomati. Questo non significa abbassare la qualità. Dobbiamo comunque formare i nuovi assunti e anche i laureati hanno bisogno di essere avviati alla professione”. Oggi l’Ict è sempre più presente trasversalmente e le competenze digitali risentono fortemente delle evoluzioni tecnologiche. Il fenomeno non riguarda più solo la direzione specializzata sull’IT o le sole imprese tecnologiche: si tratta di una realtà che pervade tutti i settori e le funzioni aziendali. “I profili professionali sono molto fluidi a differenza di altri comparti. Nell’informatica c’è una continua evoluzione”, avverte Irace. “In Almaviva gestiamo le singole competenze come mattoncini Lego. D’altra parte, la competenza tecnologica determina l’assetto positivo delle aziende nella competizione europea”. Poi spiega che “anche le imprese devono fare la loro parte, investendo nella collaborazione con le università e con la scuola. Per ottenere un vero cambiamento bisogna intervenire addirittura alle elementari. Devo dire che quando noi contattiamo le scuole, queste non fanno resistenza. Ma a volte nelle istituzioni permangono ritardi di visione”.
In questo senso, aggiunge Irace, va molto apprezzata la recente riforma degli Its, gli istituti tecnici superiori, volta a migliorare l’offerta formativa e stimolare l’alleanza con il tessuto produttivo allo scopo di ridurre sensibilmente il divario esistente tra domanda e offerta lavorativa. L’impegno nella formazione di Almaviva è molto importante perché “il digitale cambia il paradigma di spazio e di tempo: è proprio l’approccio che evolve. Non è solo un trasferimento di nozioni, ma di cambiamento culturale. E le nuove generazioni parlano un linguaggio diverso e originale”, continua Irace. Inoltre, all’interno della sfida per la ricerca e sviluppo di competenze digitali bisogna segnalare la sfida per superare il gap di genere. “Tra i laureati Stem solo una su tre è donna, mentre tra gli informatici le donne sono ancora meno: solo una su sei”, avverte Marina Irace. Che aggiunge: “Ancora oggi purtroppo, i diplomati degli istituti tecnici sono soprattutto maschi. Anche il liceo classico, dove è più alta la presenza di studentesse, dovrebbe inserire lo studio delle competenze digitali. Noi facciamo la nostra parte con la formazione per testimoniare che le donne possono fare un mestiere tecnico”. E proprio la storia personale di Marina Irace, dice molto sulla fluidità delle competenze e sulla parità delle opportunità che si possono aprire.
Nata a Positano nel 1970, laureata in Lettere con indirizzo Storia dell’Arte Contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, dopo un Master post-laurea in Didattica Generale e Museale, Irace lavora per alcuni anni in importanti musei romani. “Credo che il patrimonio artistico in Italia sia un asset che da solo potrebbe dare un contributo enorme al pil del paese. A metà degli anni 90 svolgevo lavori precari, pagati poco. Ho cercato altro, convinta che qualsiasi lavoro se fatto con passione possa dare soddisfazione”, racconta. Comincia così a lavorare nell’area del customer service finché non diventa team leader. “Chiesi all’azienda di fare un corso di formazione per gli operatori dei call center. Mi diedero l’ok, progettai il corso e cominciai a fare la selezione. Mi appassionai. Poi nel 2000 cominciai a lavorare per Almaviva, l’azienda fondata da Alberto Tripi, come responsabile formazione. Oggi sono direttore risorse umane del gruppo”, conclude. “La vita è fatta di sliding doors: il percorso che ho fatto mi ha permesso di crescere perché ho sempre avuto un approccio positivo. È un messaggio per i giovani: mai sedersi in una comfort zone, devi essere sempre disponibile a cambiare”. E, a proposito del successo delle donne, Irace sottolinea un dato significativo: “la presenza femminile nei cda delle società del Gruppo è superiore al 45%”.
Un altro versante sul quale Almaviva è sempre più forte è l’attenzione per i territori, le aree interne e il Mezzogiorno del Paese. “Vivere al sud non è un problema. Il lavoro da remoto può accorciare le distanze. Molti dei nostri dipendenti sono tornati nei luoghi d’origine, specie durante i lockdown. In azienda abbiamo adottato un modello di lavoro ibrido che è andato oltre l’immediata risposta all’emergenza pandemica. La richiesta di lavorare completamente da remoto è molto forte, ma il lavoro è anche relazione: alcuni giorni in azienda sono necessari per una presenza di valore e per coltivare collaborazione e senso di appartenenza”, spiega Irace. Inoltre, “lo smart working ha consentito di limitare gli spostamenti: minor impatto ambientale e meno sprechi energetici”. Nell’arco di due anni, Almaviva ha assunto a Napoli ben 330 addetti, provenienti dai tre atenei del territorio: la Federico II di Napoli, l’università di Salerno e quella del Sannio a Benevento. In totale, nel 2022, il gruppo ha registrato ben mille nuove assunzioni. A questi nuovi lavoratori, Almaviva offre diversi percorsi di formazione continua con le Continuous Academy.
La formazione si divide sostanzialmente in due parti: quella digitale, che è trasversale a tutto, e quella di ‘dominio’, centrata soprattutto sulle caratteristiche di settore (per esempio, sanità o trasporti). “Questa impostazione ci consente delle opportunità in più perché possiamo formare i lavoratori sui temi tipici del settore ma anche sviluppare le loro competenze digitali. Accade così che i laureati nei beni culturali possano aggiungere la parte digitale/tecnologica e i laureati in semantica possano lavorare sull’intelligenza artificiale applicata ai linguaggi”, spiega Irace. D’altronde, secondo il World Economic Forum, nel 2030 nove lavori su dieci richiederanno competenze digitali avanzate: nuove competenze e professionalità che interessano ormai tutti i settori e le funzioni aziendali. “Da due anni abbiamo una people strategy di sviluppo e formazione del personale. Abbiamo il performance manager che, senza limitarsi alla valutazione dei risultati, sviluppa le competenze trasversali e la abilità di lavorare con gli altri. Mettiamo le persone al centro. E l’inclusione è uno dei valori forti del gruppo, con una grande attenzione alle disabilità e la massima apertura alle persone Lgbt+. Siamo stati la prima azienda a offrire il congedo alle coppie omosessuali per le unioni anticipando le disposizioni di legge”.
Nelle parole di Marina Irace risuona dunque l’orgoglio dell’Italia che conquista posizioni di rilievo. “È vero che soffriamo ancora un gap digitale, ma non siamo messi peggio del resto d’Europa. Certo, siamo partiti tardi rispetto agli altri perché avevamo perfino pochi device. I medici, per dire, non sapevano usare i computer e addirittura non avevano i computer: i ritardi della ricetta digitale sono dovuti anche a questo”. Ma oggi molto sta cambiando, a partire dalle aziende. “Almaviva è impegnata nella valorizzazione del talento ed è una società di Information Technology italiana: è italiana la nostra intelligenza, sia quella umana sia quella tecnologica, che si afferma nel mondo”, conclude Irace.
© Riproduzione riservata







