“Non è ancora tempo di bilanci. Ma una cosa si può dire. Che dopo l’Ucraina, la vittima di questa guerra è l’Europa. Vittima di se stessa”. A sostenerlo è il generale Giuseppe Cucchi. Generale della riserva dell’Esercito, già direttore del Centro militare di studi strategici, consigliere militare del presidente del Consiglio, rappresentante militare permanente dell’Italia presso Nato, Ue e Ueo, consigliere scientifico di Limes.

Dopo 266 giorni di guerra, si intravvedono spiragli di dialogo diretto tra Stati Uniti e Russia?
Il dialogo diretto, a quanto mi consta, non si è mai interrotto. Gli Stati Uniti e la Russia hanno sempre continuato a parlarsi, cambiando i canali, rimanendo poco appariscenti. È nell’interesse di tutti e due mantenere dei canali aperti e mantenere aperta una trattativa, anche se ancora non si vede se e quando questa trattativa potrà sbloccarsi. Quello che si vede sono due cose: una, è la crescita progressiva d’importanza politica della Turchia come mediatore “predestinato”. Quello che sta facendo in altri settori cruciali, da quello energetico al grano. Erdogan ha le carte in mano anche per proporsi come mediatore più che di una soluzione di pace, molto al di là dal venire, di una eventuale tregua. Perché inizialmente se ci sarà qualcosa sarà una tregua che poi si spera scivoli in una pace. C’è però una cosa che m’impensierisce…

Cosa, generale Cucchi?
Il fatto che la Russia abbia cambiato la sua strategia. Le guerre possono essere vinte in due modi: o sul campo schiacciando le forze armate dell’altro paese, e questa è la strategia che la Russia ha tentato inizialmente ma invano, oppure infliggendo al paese che si ha di fronte tali sofferenze, dirette e indirette, che la sua volontà di resistere viene meno, mentre le forze armate continuano ancora a combattere. È quello che è successo nel ’18 all’esercito tedesco: era ancora schierato in Francia ma la volontà di combattere del paese era crollata, per cui l’esercito ha subito una pace imposta dalla popolazione. Lo stesso è accaduto in Kosovo, noi non abbiamo mai combattuto contro i serbi schierati in Kosovo, abbiamo bombardato la Serbia finché i serbi non hanno detto basta, non siamo in grado di sopportare questa sofferenza. I russi stanno facendo la stessa cosa. Hanno smesso di combattere direttamente, si stanno fortificando sulla linea che è tenibile dal punto di vista del combattimento e poi stanno distruggendo sistematicamente le infrastrutture dell’Ucraina. Gli tolgono la luce, l’acqua, gli tolgono la possibilità di andare avanti dal punto di vista informatico. E vedremo quel che succede alla fine di un inverno che si preannuncia duro. Se la popolazione ucraina ha ancora la volontà di resistere o se comincia a dire, stremata: ma chi ce lo fa fare?

Su quali compromessi potrebbe attestarsi una pace possibile?
Devono salvare la faccia tutti e due. L’unico punto di vista sostenibile è quello di avere le regioni dell’Ucraina invase e conquistate dai russi, lasciate formalmente all’Ucraina ma con un livello di autonomia tale che in pratica le renda dei satelliti dell’altra parte. A meno che non ci sia una sconfitta innegabile di una delle parti belligeranti, raggiungere una pace o una tregua è sempre difficilissimo, bisogna trovare una soluzione che consenta ad entrambe di presentarsi alla propria popolazione dicendo, sostanzialmente: abbiamo vinto noi. Dopo l’annessione delle regioni ucraine da parte della Russia, l’unica soluzione possibile che vedo è una parziale marcia indietro da parte della Russia con la concessione, però, dall’altra parte di un livello di autonomia addirittura superiore a quello che noi abbiamo concesso al Sud Tirolo-Alto Adige.

L’Europa come ne sta uscendo?
Male. L’Europa è stata la seconda vittima, dopo l’Ucraina, di questo conflitto. Neanche di fronte a un pericolo che minaccia la sua stessa sopravvivenza è stata capace di unirsi. Si è unita all’interno della Nato ma alla solita maniera, cioè seguendo la bandiera del “grande fratello” americano ed obbedendogli supinamente. I paesi europei sembrano fare di tutto per non contare, fino al punto di adottare quella che gli americani chiamano problem solving avoiding mechanism, cioè la creazione di falsi problemi per distogliere l’attenzione da quelli veri. Come il problema della crisi tra l’Italia e la Francia, le opinioni pubbliche si concentrano su quello e non sul ruolo nullo che i due paesi, l’Europa, hanno avuto in questa crisi epocale che la guerra ha disvelato. Come ho avuto modo di sottolineare su Limes, l’attuale situazione bellica chiarisce a tutti i paesi delle altre sponde mediterranee come per anni e anni il rischio sia che tutte le attenzioni e le risorse dell’Occidente rimangano concentrate sull’Est europeo. E questo non può non avere ricadute sulla stabilità stessa di un’area cruciale, per noi, come è quella del Mediterraneo.

Dopo la crisi di un ordine mondiale bipolare si era sperato in una nuova governance multilaterale. Cosa è rimasto di questa speranza?
È rimasto un mondo diviso in due. nel quale molta parte della prossima soluzione temporanea dipende dall’atteggiamento che avranno i due grandi paesi che in un certo senso hanno rifiutato di giocare un ruolo di primo piano, almeno fino a questo momento, ma che lo giocheranno nel futuro: la Cina, in primo luogo, e dietro l’India, meno visibile però anche lei destinata ad avere un ruolo molto forte per quel che riguarda il futuro del mondo. Quando riusciremo a capire, al termine di questa crisi, quale sarà veramente la strada che prenderanno queste due grandi potenze potremmo fare delle previsioni. Purtroppo allo stato attuale, e in proiezione futura, non vedo nell’Europa una capacità di inserirsi in questa gestione eventualmente multipolare del mondo.

Dopo aver passato indenne, se non addirittura rafforzato, le elezioni di midterm, al presidente Biden interessa che la guerra prosegua o che si raggiunga una pace “compromissoria”?
Io credo che Biden stia subendo questa situazione. Ma ci sono anche risvolti positivi per gli Stati Uniti e per il loro presidente. Perché ha ricompattato un’alleanza, perché ha riportato gli Usa a un ruolo primario nel mondo. La gente aveva dei dubbi, parlava di decadenza, Biden ha reso chiaro che se questa decadenza c’è, non è ancora strettamente condizionante. Io ritengo che Biden sia anche pronto ad accettare una pace e che sia sincero nel momento in cui dice che una pace deve essere trattata dagli ucraini. Anche perché se venisse firmato un accordo che vada al di sopra della testa degli ucraini, può essere semplicemente una tregua. E se abbiamo una situazione di tregua e non di pace, tutto può riscoppiare in qualsiasi momento.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.