Mentre comincia questa tregua minima, camuffata da risultato epocale, in Israele si ricostruisce. C’erano kibbutz israeliani che fronteggiavano la striscia. In alcuni di questi lavoravano anche palestinesi residenti a Gaza, occupati per conto degli israeliani di quelle zone – siamo a pochissimi chilometri dal confine. Adesso la maggior parte di questi insediamenti agricoli porta i segni fisici del passaggio delle furie omicide palestinesi, dell’orrore del 7 ottobre 2023. Alcuni di questi kibbutz furono distrutti e incendiati.

In quello di Kfar Aza, gli uomini di Hamas e i loro complici trucidarono settantanove residenti e ne rapirono diciotto. Oggi c’è chi si rimbocca le maniche e dona il suo tempo libero per ricostruirlo. L’inizio del rifacimento del kibbutz Kfar Aza è stato guidato dall’associazione Brother & Sisters in Arms, un’organizzazione di riservisti dell’IDF (l’esercito israeliano), nata contro la criticatissima riforma di legge sul sistema della giustizia, voluta dal governo di Netanyahu. Kfar Aza è tra Mefalsim e Sa’ad, 5 chilometri a est di Gaza. Qui il progetto prevede di ricostruire sedici unità abitative per i giovani, all’interno degli edifici danneggiati e bruciati il 7 ottobre 2023.

Negli ultimi mesi migliaia di israeliani, tra professionisti e aziende commerciali, si sono mobilitati per ricostruire queste unità abitative. La quasi totalità dei membri dell’associazione sono riservisti dell’esercito, definiti “traditori” da Netanyahu, perché contrapposti politicamente. E anche questi, nonostante tutto, sono i lati positivi di una democrazia, l’unica in quella parte di mondo – è sempre bene ricordarlo. Negli ultimi periodi, vista la continua disponibilità di israeliani ad aiutare, l’associazione ha dovuto scaglionare la presenza consentendo l’ingresso di soli trentacinque lavoratori volontari al giorno. Ovviamente sono state prese tutte le misure di sicurezza contro eventuali nuovi attentati.

Prima le case sono state riportate allo scheletro e successivamente sono stati rifatti tutti gli impianti idraulici, elettrici, la pavimentazione, la tinteggiatura, i nuovi bagni, insomma una vera e propria ricostruzione. Oggi il progetto è nelle fasi finali di arredo interno e sistemazione esterna. Sono alla fase conclusiva dei mobili e degli arredi interni. La ricostruzione è iniziata nell’ottobre 2024 e dovrebbe finire a febbraio di quest’anno. Ogni squadra di volontari è guidata da un operatore edile professionista, e ci sono muratori, manovali, elettricisti e architetti. Attualmente nel kibbutz non vive più nessuno. Gli sfollati sono alloggiati in alberghi sparsi sul territorio israeliano, e non è ancora stata fissata una data per il loro ritorno, ma dovrebbe mancare poco. E forse il “cessate il fuoco” darà una mano in questo senso. Comunque, al momento si continua a lavorare, in questo luogo che era stato sempre aperto alla convivenza con i palestinesi. Poi dal 7 ottobre 2023 è cambiato tutto.