‘No’ a madre e padre. La decisione è quella di applicare la dicitura ‘genitori’ o altra dicitura che corrisponda al genere del genitore sulle carte d’identità elettroniche rilasciate ai minorenni. La Corte d’Appello di Roma ha respinto un decreto del Ministero dell’Interno del 2019, guidato all’epoca da Matteo Salvini. Ad annunciarlo è l’associazione Famiglie Arcobaleno in una nota, sottolineando che i giudici di secondo grado hanno ribadito che sulla carta d’identità di un bambino o di una bambina devono essere indicati solo i dati personali conformi a quelli presenti nei registri dello stato civile.

La modifica

La decisione di Salvini risaliva al 2018 “Mi è stato segnalato che sul sito del ministero dell’Interno, sui moduli per la carta d’identità elettronica c’erano “genitore 1” e “genitore 2”, aveva dichiarato in un’intervista al giornale cattolico on line La Nuova Bussola Quotidiana. “Ho fatto subito modificare il sito ripristinando la definizione “madre” e “padre”. È una piccolo segnale ma farò tutto quello che è possibile e che è previsto dalla Costituzione. Difenderemo la famiglia naturale fondata sull’unione tra un uomo e una donna”. Oggi il ribaltamento dei fronti.

Il caso

L’associazione ha spiegato che una coppia di genitori dello stesso sesso aveva inizialmente presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio e successivamente al Tribunale di Roma, richiedendo l’emissione di un documento d’identità che rispecchiasse fedelmente la composizione autentica della loro famiglia. Nella fase iniziale del procedimento legale, il Tribunale aveva accolto la richiesta della coppia, dichiarando il decreto del Ministero dell’Interno illegittimo poiché il documento rilasciato “configura gli elementi concreti del reato di falso ideologico commesso da un pubblico ufficiale in un atto pubblico”.

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