Oltre una vita cosmopolita, una professione al passo con i tempi, una città centro del mondo, un appartamento luminoso, le serate infinite e cosmopolite anche quelle, il privilegio di sperimentare con la vita e con l’età, queste fotografie sempre perfette e le stories pure, a documentare tutto; dopo tutto questo il resto è noia, o qualcosa del genere. Un sentimento a metà strada tra la saudade (“giù da me”) e l’incompiutezza che mette in crisi Le perfezioni di Vincenzo Latronico, scrittore e traduttore, già Premio Berto, Premio Bergamo e Premio Napoli.

È un romanzo, edito da Bompiani, sullo status sociale che dipende da quelli sui social e che intacca le esistenze di Anna e Tom fino a una nausea di fondo, sorta di nostalgia sotterranea. Due creativi, una coppia, alle prese con la fine dei vent’anni. E con l’esplosione della crisi di uno status, mitologia del loro tempo, esaudimento delle ambizioni della generazione Erasmus. Quella mitologia non era “personale; anzi, il suo valore risiedeva precisamente nella sua universalità. Era condivisa – si legge – da tutti gli spagnoli e francesi e italiani e americani che incontravano; era glossata in un’infinità di articoli di costume e documentari, e replicata nelle immagini che scorrevano sulle timeline di Facebook e sui feed di Instagram di una generazione intera. Era il sigillo del loro ingresso in una comunità cementata da una realtà condivisa, che è quasi come dire una realtà”.

Tutto si va a compendiare nelle immagini: foto perfette in timeline perfette, architettate, bilanciate, programmate in un “diluvio di bellezza”. È narcisismo, dipendenza e depressione, solitudine e spaesamento. Quando esplode da dentro il mistero, il giallo del romanzo – “che cosa ci facevano lì?” -, anche Berlino da città divisa e frammentata, ovvero futuro da inventare su macerie e spazi vuoti del passato, smette di suonare come una promessa e diventa impermanenza.

Il lavoro come “fonte di crescita o stimolo creativo, il ritmo di fondo per la melodia del piacere”. La rete che da passione dell’adolescenza diventa qualifica professionale da adulti. L’arte contemporanea come copertina della loro condizione. Le amicizie facili da stringere e facili a scomparire. L’inglese lingua franca. Il sesso come sperimentazione. Città da bere che diventa città da mangiare. La gentrificazione. L’appartamento come ufficio. L’esistenza cosmopolita che diventa una bolla, seppur di uomini e donne di mondo. Tutti con “una qualche idea di sinistra”.

Latronico ha scritto un romanzo ispirato da Le Cose di George Perec, con il tono malinconico di Pier Vittorio Tondelli, una guida allo spaesamento di un tipo preciso di spatriati, percussione sentimentale di slanci e disillusioni, glossario per chi finisce a vivere in una città straniera tra bollette e happening, il trauma della ricerca di un’autenticità indecifrabile e facile da rintracciare in un facile entusiasmo per qualcosa di vagamente bucolico – le foto vengono sempre bene lì.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.