I grandi eventi, anche quelli più catastrofici come l’attuale pandemia, accelerano le tendenze in atto e le fanno emergere sotto gli occhi di tutti, ma non ne sono la causa. Lo sta confermando la diffusione dello smart-working, così come la progressiva digitalizzazione dell’intera nostra società e, in particolare, del sistema economico che ne è la base. Questo cambiamento del modo di lavorare e di vivere chiama in causa, a sua volta, tre questioni che vanno rapidamente affrontate: la capacità del sistema di trasmissione dei dati e delle comunicazioni, l’automazione dei processi e la loro sicurezza, con particolare riferimento al ruolo e alla funzione di garanzia svolta dai nostri campioni nazionali della difesa.

In primo luogo. Se molte più persone operano da remoto (nelle imprese come nelle amministrazioni pubbliche, nelle scuole ed università come nella vita quotidiana) la rete deve reggere un carico molto maggiore e questo richiede da parte di tutti i paesi, e soprattutto di quelli che sono più indietro (come il nostro, particolarmente in certe aree geografiche), una forte accelerazione degli investimenti (con il relativo controllo per tutelare gli interessi essenziali della propria sicurezza). Di qui anche una spinta all’utilizzo delle applicazioni spaziali che, per loro natura, consentono una maggiore velocità di realizzazione di sistemi di trasmissione e di adeguamento alla velocità dell’innovazione tecnologica.

Poi. L’automazione dei processi, consentita dalla digitalizzazione, si sta estendendo in ogni direzione (dalla progettazione alla produzione, fino alla gestione di ogni attività privata e pubblica). Negli ultimi dieci anni stiamo vivendo la Rivoluzione industriale 4.0 (dopo la meccanizzazione di 250 anni fa, l’utilizzo dell’energia elettrica e del petrolio a partire da centocinquanta anni fa e lo sviluppo dell’elettronica e dell’informatica negli ultimi cinquanta anni). Come le precedenti, è una trasformazione destinata a cambiare radicalmente ogni attività (dai prodotti “intelligenti” all’organizzazione del lavoro), così come il rapporto con l‘utilizzatore finale, grazie all’interconnessione che, a sua volta, consente tracciabilità e rintracciabilità. La continua evoluzione delle tecnologie sta, inoltre, diversificando la declinazione della Rivoluzione 4.0 su più livelli e ambiti operativi associati all’uso dell’Intelligenza Artificiale e di tutte le derive del digitale, Blockchain inclusa.

Terzo punto. L’aumento esponenziale del traffico dati, dell’automazione e dell’interconnessione comporta parallelamente quello della loro vulnerabilità e, conseguentemente, quella dell’intero sistema politico, economico, sociale. I rischi aumentano in modo esponenziale sia per guasti di natura tecnica (potenzialmente anche legati ad eventi naturali) sia per attacchi da parte di organizzazioni terroristiche o criminali o hacker (associati o singoli) o da parte di Stati (con l’aggravante che questi ultimi possono farlo anche in maniera occulta o comunque non facilmente e chiaramente identificabile, introducendo una variabile completamente nuova nello scenario militare). Anche da qui la maggiore attenzione internazionale per la “resilienza”, il termine utilizzato negli ultimi cento anni dall’ingegneria per indicare la capacità di un materiale di resistere agli urti senza rompersi e poi dalla psicologia per la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico. Nella sua odierna accezione nel campo della scienza politica, individua la capacità di ripresa di uno stato rispetto alle situazioni di crisi.

Al fine di aumentare la “resilienza”, il tema della sicurezza informatica e sistemica diventa, di conseguenza, cruciale per l’intera società di oggi e, soprattutto, di domani. Interconnessione e automazione presuppongono un parallelo investimento di risorse umane e finanziarie nella “sicurezza”, ma anche di riorganizzazione delle procedure decisionali e gestionali, che consentano di evitare che un “errore”, indipendentemente dalla sua origine, si propaghi velocemente e contamini l’intero sistema. Da sempre la “sicurezza” è nel Dna del mondo della difesa, a livello sia operativo sia tecnologico e industriale. In questo ambito la sicurezza è intesa in termini globali perché riguarda la tutela dagli attacchi esterni, ma anche quella intrinseca: affidabilità, disponibilità, longevità, sostenibilità, manutenibilità, autonomia, automazione (con l’impiego controllato dell’Intelligenza Artificiale), approvvigionabilità di componenti e ricambi, sono concetti e requisiti quotidianamente studiati, migliorati e utilizzati.

Il settore della difesa rappresenta storicamente il principale ambiente “ostile” con cui ci si è dovuti misurare e ha quindi portato costantemente ad innalzare l’asticella delle prestazioni che dovevano essere garantite per far fronte alla principale sfida di ogni Stato e società, la difesa della sua sopravvivenza. Più recentemente altri due ambienti “ostili” vi si sono affiancati: lo spazio e le grandi profondità sottomarine. Anch’essi contribuiscono significativamente all’innovazione tecnologica perché impongono il raggiungimento di elevatissimi standard di sicurezza, ma manca comunque il valore dell’obiettivo primario del settore della difesa, la sopravvivenza nostra e del nostro modo di vivere. Nel mondo della difesa la ricerca della sicurezza raggiunge, quindi, i maggiori e migliori risultati. Per questo è importante riconoscergli un ruolo primario nel processo di trasformazione della nostra società che stiamo attraversando.

Per queste sue caratteristiche il settore della difesa è anche uno di quelli in cui la digitalizzazione e l’automazione dei processi è iniziata subito e ha già conosciuto significativi risultati. I velivoli di sesta generazione, i sistemi unmanned, le più moderne unità navali, alcuni sistemi terrestri, i nuovi sistemi C4ISTAR (comando, controllo, comunicazioni, computer/informatizzazione, informazioni, sorveglianza, acquisizione bersagli, ricognizione/riconoscimento) ne sono dei concreti esempi. L’industria della difesa ha, quindi, potuto maturare delle competenze uniche che oggi possono essere messe a disposizione dell’intera società non solo nel suo campo primario, quello di fornire gli equipaggiamenti per la sua difesa, ma anche nel parallelo campo di garantire la sicurezza delle reti e dei sistemi informatici e, più, in generale di dare un importante contributo alla rivoluzione tecnologica in atto attraverso il trasferimento di competenze e conoscenze.

Per questo è così importante continuare a mantenere queste capacità tecnologiche e industriali che rappresentano un asset per l’intero nostro paese, doppiamente importante visto che la difesa è rimasta, insieme allo spazio, uno dei pochi settori ad elevata tecnologia in cui l’Italia è ancora presente. Un obiettivo che dovrà essere tutelato anche nel quadro della strategia di investimenti che si sta definendo per uscire dalla crisi economica indotta dalla pandemia e, insieme, per costruire un modello di sviluppo più avanzato e competitivo.