L'editoriale
Lettere alla moglie di Hagenbach, quando l’alzheimer decostruisce un’intera esistenza
L’alzheimer è la decostruzione di una esistenza intera, fatta senza un ordine apparente, una demolizione alla rinfusa. Come se una parete enorme di marmo di Carrara venisse data in uso a un minatore dilettante, che vi facesse dei buchi a caso e ci infilasse dentro il tritolo per farlo esplodere di tanto in tanto: ogni esplosione un buco nero sul bianco. Lo scuro che si espande, la tenebra che si infittisce. Il professor Flesherman si sveglia una mattina col sapore del sonno in bocca: non se ne va dopo il caffè, non sfuma dopo la sigaretta. Un aroma di letto bagnato che si insedia nella cavità, senza permesso, senza ragione.
Poi tratti a male parole un signore che con troppa confidenza ti entra in casa, si abbraccia con un’enfasi impudente al corpo di tua moglie. Stai per cacciarlo e lei ti dice che è tuo fratello, il tuo unico fratello: con lui hai condiviso tutte le monellerie dell’infanzia, insieme a lui hai pianto la scomparsa di tuo padre. E lui ti ha detto che tua madre aveva qualcosa che non andava. Già, tua madre, che una mattina si era svegliata col sapore del sonno in bocca, e lentamente era scivolata nel buio prima di morire. Ansia, angoscia, un terrore ostile ti attanaglia. Segui tua moglie dal medico come un cane buono, senza guinzaglio.
Demenza senile, un principio, per fortuna pigra, decorrerà con lentezza estrema in alzheimer. È così tenue che ti senti in grado di vincerla, di tenerla sotto tiro in un canto. Il professor Flesherman è un criminologo famoso, di quelli che stanno spesso in televisione, che danno lustro alle tragedie, lo chiamano a Berlino per un caso clamoroso: all’improvviso da un obitorio è saltato fuori il vero cadavere di Rosa Luxemburg, con le mutilazioni autentiche dei Freikorps. Il tempo di risolvere un caso e, all’ospedale della Charitè, se ne apre un altro: scompare Karl Hagenbach, scrittore di grido.
Unico indizio, decine di lettere scritte a Dora, la moglie, che giace in un letto, in fase terminale di alzheimer. Ed è a lui che sono indirizzate, a Flesherman, frammenti banali di vita quotidiana spediti al futuro, perché sorpassino il buio e tornino nella mente che li ha posseduti.
Vincere l’alzheimer è semplice, non è come la risoluzione di puzzle di cronaca nera: basta scrivere a sé stessi, spedire lettere al proprio indirizzo mettendoci la propria vita dentro, per riprendersela dopo ogni esplosione di tritolo. Lettere alla moglie di Hagenbach, di Giuseppe Aloe, pubblicato da Rubbettino, per ritrovarsi su un treno e prendersi gli insulti di una splendida donna che ti viaggia dirimpetto: le hai rivendicato la passione di amanti che vi ha accomunato, ma lei non ti conosce e tu sei sicuro di non averle detto nulla.
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