L’eventualità, proposta da Macron, che l’Europa torni a parlare con la Russia per accelerare i negoziati con l’Ucraina è tutta da definire. Mosca ha detto di aver recepito il messaggio. Questo però non vuol dire che intenda concedere davvero un seguito alla mano tesa dell’Eliseo. Quante volte Putin ha lasciato Trump a bocca asciutta, proprio all’ultimo momento? Viene poi da chiedersi se quella del presidente francese sia più ostinazione o tenacia. Ancora quattro anni fa, Emmanuel Macron fu l’ultimo dei leader europei a presentarsi al Cremlino per invocare la pace. Chi non ricorda quel bilaterale disastroso, con Macron e Putin seduti alle due estremità di un tavolo infinito, simbolo di due visioni del mondo inconciliabili tra loro?

Oggi la Francia ci riprova. Vuoi perché si sente forte della conclusione del Consiglio Ue della scorsa settimana, da cui è passata la linea di finanziamento a Kyiv mediante debito comune. Vuoi perché Macron ha necessità di concludere l’anno con almeno un gol messo a segno. La politica estera è stata cadenzata dalla querelle costante con l’Amministrazione Trump. Il riarmo europeo a due velocità (con la Francia troppo veloce rispetto al resto dell’Unione), l’infruttuoso accordo dei Volenterosi pro-Ucraina e, infine, la proposta di riconoscere lo Stato di Palestina, corredata dai tentativi di rovinare le trattative di Trump con il Qatar, hanno portato le relazioni tra Parigi e Washington a una tensione che non si vedeva dai tempi della Seconda guerra del Golfo.

Il fronte interno, a sua volta, è stato segnato da una crisi di governo dietro l’altra, con il rischio permanente di voto anticipato. Come previsto dai più pessimisti, il governo Lecornu non riuscirà a presentare una Legge di Bilancio entro il 31 dicembre. Il Paese, già in condizioni economico-finanziarie precarie, entrerà in esercizio provvisorio. Un’onta per l’Eliseo. Per come stanno le cose, però, nessuno può permettersi il lusso di sottovalutare la strada accennata da Macron. Il nostro governo, per voce del ministro Tajani, si è detto favorevole, «ma il canale deve essere europeo, non può essere di un solo Paese». La Germania ha adottato una linea simile. I portavoce Ue, invece, hanno preferito non esporsi in commenti.

I partner Ue di Parigi non dicono no. Tuttavia, in Europa, vige la regola della condivisione delle iniziative. Tanto più che, sul dossier Ucraina, Macron ha già sgarrato più volte. Non gli si può concedere l’ennesima volata in avanti. Soprattutto qualora si rivelasse un nulla di fatto. Basti pensare al caso delle “tre sedie”. In occasione dei funerali di Papa Francesco, Trump e Zelensky si erano appartati per un bilaterale fuori programma. Macron aveva tentato di inserirvisi, ma era stato cacciato in modo spiccio dal presidente Usa. Mosca ha tutto l’interesse che quel siparietto si ripeta. Da qui l’eventualità del bluff di Putin. Lo zar può illudere il presidente francese come ha già fatto più volte con Trump. Magari facendogli scoprire delle carte che Macron non può giocarsi da solo. Proprio perché un leader europeo deve procedere insieme al resto del gruppo Ue. Oppure perché quella francese sarebbe una tattica in disaccordo con quella degli Usa. In questo momento di apparente concordia tra Washington e Kyiv, una Parigi che si intromette è l’ideale per Mosca. O forse anche per Trump. Cosa c’è di meglio di un terzo incomodo, che già ha dimostrato di muoversi incautamente e su cui far cadere le responsabilità del fallimento dei negoziati?