Pur di raggiungere gli obiettivi del Pnrr, e quindi accedere ai tanto agognati fondi di Bruxelles rispettando le scadenze imposte, il governo era pronto a dare un colpo mortale alla già disastrata magistratura italiana.
Con un blitz orchestrato dal ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, l’esecutivo aveva infatti in mente una maxi infornata di 700 magistrati da reclutare fra i giudici onorari e gli avvocati con almeno dieci anni di iscrizione all’albo. L’assunzione sarebbe dovuta avvenire con un esame super semplificato: una sola prova scritta invece delle tre normalmente previste. E poi nessun orale e nessun tirocinio pratico. Il “turbo concorso”, prima di essere cancellato a furor di popolo, era all’interno del decreto “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Pnrr”, presentato lunedì scorso in Consiglio dei ministri.

Il turbo concorso in Magistratura bocciato da Nordio

Secondo la proposta targata Fitto e Mantovano, non condivisa però dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, l’assunzione semplificata di 700 magistrati avrebbe risolto gli atavici problemi di organico delle toghe, consentendo in tal modo di smaltire quanto prima l’arretrato negli uffici giudiziari. Di fatto, però, si sarebbe equiparato il servizio giustizia ad una catena di montaggio in cui bisogna produrre quante più sentenze e senza badare molto per il sottile.
La proposta del “turbo concorso” ha avuto l’effetto di compattare, come era prevedibile, tutti i magistrati in servizio, quanto mai critici sulla possibilità di avere colleghi selezionati in questa maniera iper semplificata. Ma non solo. Anche la grande parte dei cittadini, tra cui molti elettori di Fratelli d’Italia, per una volta ha sposato le perplessità delle toghe nei confronti dell’irrituale “turbo concorso” giustificato solo dalla pregressa esperienza dei candidati. Il concorso in magistratura è uno dei più complessi e difficili. Chi vi partecipa investe anni di studio e di sacrificio. Andrebbero dunque tutelati i candidati e bandita ogni forma di violazione dei principi di trasparenza e correttezza delle procedure concorsuali.

Perché il turbo concorso è anticostituzionale

I magistrati onorari, va però detto, fanno da tempo un grande lavoro nei tribunali, gestendo la maggior parte del contenzioso civile in primo grado, non sempre comunque con risultati esaltanti.
“Questa proposta era in violazione del principio costituzionale di uguaglianza nell’accesso ai concorsi attraverso una irragionevole corsia preferenziale priva nelle realtà di obiettiva giustificazione, specie dove si guardi alle effettive modalità di reclutamento dell’attuale magistratura onoraria. Una selezione poco rigorosa nella verifica della reale preparazione”, ha sottolineato il togato del Csm Andrea Mirenda. Invece di semplificare il concorso in magistratura bisognerebbe invece innalzare il livello di quello attuale, iniziando dalla qualità delle Commissioni d’esame, un tempo composte quasi esclusivamente da magistrati di Cassazione. Il livello era altissimo, anche perché in Cassazione arrivavano solo i meritevoli alla fine della carriera e dopo una selezione ad hoc.

Carenza magistrati, la crisi della facoltà di giurisprudenza: -38% iscritti

Ora nelle Commissioni ci sono magistrati con poca esperienza e che hanno fatto nella loro vita, ad esempio, solo civile o penale e che devono correggere temi su argomenti che non hanno mai affrontato. I commissari, per la cronaca, sono nominati con decreto ministro della Giustizia su conforme delibera del Csm che designa i componenti della Commissione. Normalmente i componenti sono una trentina, venti circa i magistrati ed i rimanenti avvocati e professori universitari.
Il sistema della formazione dei magistrati, infine, andrebbe riformato in radice. E si dovrebbe partire dalla Scuola superiore della magistratura che adesso è un carrozzone dove le correnti decidono chi mandare.
Infine c’è il grande tema della crisi della facoltà di giurisprudenza che ha fatto registrare un meno 38 per cento del numero degli iscritti al primo anno. Rilevante anche il dato riguardante l’intero corso di studi in legge all’interno delle facoltà italiane: dall’11,1 percento si è scesi al 7,2 percento. Negli ultimi dieci anni gli iscritti a giurisprudenza sono passati da 154mila a 104 mila, mentre i laureati sono adesso meno di 10mila l’anno. A ciò si aggiunge una qualità in uscita drammaticamente scadente, con troppi neolaureati non sempre all’altezza. Le cronache degli ultimi concorsi in magistratura, dove non si coprono quasi mai i posti messi a bando, raccontano di temi pieni di strafalcioni di ogni genere.
Meglio, dunque, meno giudici ma di livello che tanti giudici somari.