L'ex ministro di Berlusconi più forte della gogna mediatica
Il sindaco Scajola e la carriera politica stroncata dai pm: il poliziotto del Pd lo hanno visto arrivare solo con le manette

Se Claudio Scajola non fosse stato arrestato, oggi avremmo l’energia nucleare in Italia. Forse. O forse no, perché via referendaria o politica glielo avrebbero impedito. Ma l’allora ministro dello sviluppo economico del governo Berlusconi è stato l’ultimo uomo di potere veramente convinto che questa fosse l’unica soluzione per l’autonomia energetica del nostro Paese. Ma è stato fermato per via giudiziaria. Il primo ad arrestarlo fu nel 1983 Piercamillo Davigo.
Scajola aveva 35 anni, era già primo cittadino di Imperia, il più giovane sindaco d’Italia in un capoluogo di provincia, ma “Piercavillo” spezzò quel mandato popolare e lo mandò in galera a San Vittore per 70 giorni. Il futuro presidente dell’Anm lo accusò di concussione aggravata nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti del Casinò di Sanremo. Scajola si dimise. Fu prosciolto e si ricandidò tornando primo cittadino della sua città. Nel frattempo nasce Forza Italia, Scajola ne scrive lo statuto e diventa responsabile organizzativo creando un partito elettivo, e raccogliendo molti voti viene eletto in Parlamento e nominato Ministro. Travolto dalla polemica con Gianfranco Fini che ne chiese la testa per una frase offensiva rivolta a Marco Biagi dopo l’assassinio ad opera brigatisti, si dimette da ministro. Verrà prosciolto dall’inchiesta per non avergli concesso la scorta. Rinominato ministro, scoppia il caso della casa al Colosseo, Scajola si dimette per difendersi dalle accuse. Il 27 gennaio 2014 viene assolto perché il fatto non costituisce reato.
Nel 2012 Henry John Woodcock lo indaga per il reato di corruzione internazionale riguardo la vendita delle fregate Frenn di Finmeccanica al Brasile. Nel 2015 verrà archiviato. Per tutti i processi che ha subito 4 volte è stato assolto; 6 volte archiviato; 3 volte prescritto. Una sola volta è stato condannato, in primo grado. Ma chiede l’assoluzione in appello. Tecnicamente è un innocente. A cui però la carriera politica è stata stroncata per via giudiziaria da avvisi di garanzia e arresti preventivi. Berlusconi lo ha sempre difeso, ma non i suoi colonnelli, che hanno cavalcato la gogna mediatica contro l’avversario interno. E quindi 5 anni fa è tornato a Imperia, la sua città, e con il centrodestra contro si è candidato alla testa di un raggruppamento di civiche ed è tornato sindaco. Perché quando la politica ti scorre nelle vene, come per Claudio, figlio di un politico antifascista e democristiano, la eserciti anche in una piccola provincia.
E cosi quest’anno per fermare anche la ridotta imperiese, si sono scatenati ancora gli inquirenti. Stavolta brandendo i santini elettorali anziché le manette. Ivan Bracco, vicecommissario di polizia, responsabile della polizia postale di Imperia, il poliziotto che ha indagato sei volte Claudio Scajola, si è candidato alle amministrative contro l’ex ministro. Indagato e indagatore nella sfida per la guida della città. E il pd, ovviamente, ha sostenuto il poliziotto. Mentre il centrodestra non ha presentato liste.
Eppure Andrea Orlando, ex guardasigilli, e capo del Pd in Liguria, ha avuto lo stesso da ridire: “Ho letto che il centro destra a Imperia si è ricomposto grazie a una telefonata del Presidente del Senato, facendo convergere Fratelli d’Italia a sostegno del sindaco uscente Claudio Scajola. Mi chiedo se questo tipo di attività rientri nelle prerogative della seconda carica dello Stato”. Il segretario Schlein non si è presentato, ma ha mandato un audio al poliziotto: “Siamo al vostro fianco perchè Imperia merita di più. Se ci sarà il ballottaggio saremo fisicamente con voi. Ivan siamo con te. Nessuna sfida è impossibile fattelo dire da una che non l’hanno vista arrivare”. Scajola ha vinto al primo turno e il poliziotto non è arrivato neanche al ballottaggio, lo hanno visto arrivare solo con le manette.
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