Il “non detto” è una lunga campagna elettorale. Nel breve periodo- le prossime due settimane – c’è da alzare il numero più alto di bandierine nei comuni al voto perché guai se i Fratelli d’Italia facessero un risultato migliore dei leghisti. Nel lungo periodo c’è la corsa per le Europee del maggio 2024, partita questa che porta in sorte la possibilità di stravolgere le alleanze e quindi gli assetti della vecchia Europa.

In ballo c’è il tentativo di spostare a destra il corpaccione del Ppe da sempre storico alleato con liberali e socialisti. Una nuova intesa con il partito Conservatore di cui Giorgia Meloni è presidente (Ecr) vorrebbe dire spostare a destra la vecchia Europa con nuovi equilibri e aspetti geopolitici rispetto a Cina, Stati Uniti (al voto a novembre del prossimo anno, poco dopo l’Europa). E Russia, ovviamente. Il “detto”, cioè quello che si vede in chiaro ogni giorno, è che tra Salvini e Meloni volano coltelli più o meno affilati.

Al di là delle amministrative, il leader della Lega rischia di trovarsi in un cul de sac perché in Italia subisce il traino dei Fratelli e in Europa, alleato con Le Pen in “Identità e democrazia”, rischia di essere schiacciato sulla destra estrema in realtà più consona ai Fratelli che ai suoi. In mezzo c’è Forza Italia che vorrebbe fare da arbitro. Fissato lo schema – utile fino alla prossima primavera – i pezzi del puzzle trovano posto uno dopo l’altro senza neppure troppa fatica.

Gli studenti in tenda, ad esempio, che protestano ormai in tutte le città universitarie contro il caro affitti. Hanno bucato e fatto centro. Quest’ultima generazione di indignati non blocca le strade, non imbratta di vernice i monumenti e si è messa a sedere dentro le tende davanti agli atenei. Chiedono di poter fare una “dignitosa” vita da studenti che significa avere un tetto sulla testa pulito e non troppo caro dove tornare la sera. Sono circa 700mila gli studenti fuori sede in Italia e appena 40mila gli alloggi disponibili a prezzi calmierati. Il resto è mercato selvaggio e servono almeno 500 euro – i più fortunati – per avere un letto, un bagno e una cucina condivisa. È chiaro che il problema non è di oggi. Oggi però è esploso perché il caro vita ha fatto saltare tutti i conti. Non solo: il governo ha tagliato i 330 milioni del fondo affitti perché tanto “ci sono i fondi del Pnrr”.

Un miliardo che dovrebbe produrre 70mila posti in più entro il 2026. Sempre troppo pochi e comunque incerti. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara che attacca i sindaci di sinistra colpevoli di “non essersi occupati del problema in tutti questi anni” non solo ha commesso un errore (il diritto allo studio è una competenza regionale e sono ormai 15 le regioni governate dalla destra) ma ha fatto saltare i nervi alla collega, di Forza Italia, Anna Maria Bernini, troppo astuta per cadere nella banalità di usare politicamente un problema così vero e serio.

Lo scontro più profondo è sulle riforme costituzionali. Salvini sa che l’autonomia regionale differenziata – l’unica cosa a cui veramente tiene e la vuole prima delle Europee – è legata a doppio filo al presidenzialismo o al premierato. E sa anche che né i Fratelli né Forza Italia la vogliono veramente. Ecco che alza il prezzo “vogliamo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica” mentre la ministra Casellati (Fi) e persino il “soldato” (per Meloni) sottosegretario Fazzolari fanno interviste per dire “giù le mani dal Capo dello Stato”, “non vogliamo depotenziarne il ruolo”. Se, come sembra, alla fine Meloni e Mantovano vinceranno sulle nomine di Guardia di finanza e Polizia (ieri è stato nominato Pisani al posto di Giannini) riconsegnando nei fatti una buona fetta di apparati nelle mani del sempreverde Gianni De Gennaro, pare difficile che Meloni possa fare come vuole anche in Rai.

Il mazzo di carte lo tiene in mano il ministro Giorgetti (il Mef) ora impegnato in Giappone al G7. Giorgetti è della Lega ma sappiamo che è andato in via XX Settembre come tecnico. Il ministro tiene la barra dritta sui conti – il minimo sindacale per Bruxelles – anche rispetto alle richieste della Lega. Il prezzo da pagare è abdicare su tutto il resto? Anche sul Mes – di ieri l’ultimo pressing per la ratifica del presidente dell’eurogruppo Pascal Donohoe – Giorgetti avrebbe già mollato. Ora lo sta usando come merce di scambio per avere lo scomputo degli investimenti green e digital dal debito nazionale. E questa è forse l’unica cosa sui Salvini e Meloni e Giorgetti sono d’accordo. Anche le variabili europee vanno lette usando questa chiave.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.