Il nuovo grande freddo con Parigi causa migranti. Il gelo con i ministri Giorgetti e Crosetto sulle nomine di apparati chiave come Guardia di Finanza e Polizia di stato. Il blitz su Inps e Inail che si traduce con “fuori il grillino Tridico perché non può essere lui a gestire la fase di sepoltura del reddito di cittadinanza e di lancio dei nuovi strumenti di assistenza e gli incentivi al lavoro”.

Il sotterfugio per condurre alla porta l’ad della Rai Carlo Fuortes e dare il via alla parte più gustosa dello spoil system: le nomine nelle direzioni e nei tg Rai da cui poi discende il gran ballo delle conduzioni, delle prime serate etc. Da martedì comincia anche il confronto sulle riforme costituzionali: il tavolo è con vocato martedì alle 12 nella sala della Biblioteca alla Camera dove sfileranno tutti i gruppi di opposizione per capirne l’orientamento rispetto a una domanda non da poco: come cambiare la Costituzione, forma e poteri dello Stato.

Fermate le macchine: Giorgia Meloni deve scendere, prendere una boccata d’aria e raffreddare le idee. Un po’ perché governare un paese come l’Italia è difficile. Un po’ perché ci mette del suo tra bulimia, bramosia e ansia da prestazione tipica dell’underdog che in realtà è leader ma deve ogni giorno dimostrarlo. Un po’ perché tra alleati e collaboratori non è messa benissimo. Anzi, la maggior parte dei problemi nella maggioranza arriva proprio da qui, dalla storia di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, storie diverse che sfidando le leggi della fisica e riescono in qualche modo a stare insieme. Lo spoil system è tipico di tutti coloro che vincono le elezioni. Forse però esiste una misura meno traumatica.

Dietro il nuovo gelo con Parigi c’è un non detto che in realtà imbarazza il governo di Roma. Senza dubbio il ministro francese Gerard Darmanin ha sbagliato ad attaccare in modo così becero l’Italia: la scusante, non sufficiente, è che parlasse a nuora (Meloni) perché intendesse suocera (Le Pen). Le scuse sono necessarie. Ma dietro questo pasticcio, c’è un non detto che imbarazza il governo: non registriamo gli immigrati sbarcati su Eurodac, la banca dati europea, e chiudiamo entrambi gli occhi davanti ai flussi di tanti che si rifocillano e proseguono il viaggio verso i paesi del nord Europa, la loro vera destinazione. Se un immigrato non registrato su Eurodac arriva in Germania, in Francia o Belgio è lì che deve iniziare il percorso di richiesta di asilo.

Ad ogni riunione dei ministri dell’Interno dei 27, l’Italia è accusata di favorire i cosiddetti movimenti secondari. Del resto, se l’Europa non vuole condividere gli sbarchi, sono gli sbarcati che provvedono a condividere l’Europa. Il CdM di giovedì è stato terremotato da due dossier: la crisi diplomatica con Parigi; il braccio di ferro dentro la maggioranza sui capi di Guardia di finanza e Polizia di Stato. “Due ore di ritardo e ad un certo punto, per come era messa, qualcuno di noi ha temuto anche il peggio” racconta il giorno dopo uno dei presenti. Il “peggio” è che saltasse proprio il Cdm. Poi Giorgetti-Crosetto e Meloni-Mantovano – questi gli schieramenti in gioco – hanno deciso di congelare la rissa e aggiornarsi sulle nomine. I nomi e gli spostamenti di caselle sono un segreto di pulcinella e al di là del merito di ciascuno dei candidati e della delicatezza di queste nomine, un paese serio non dovrebbe giocare con i vertici dei propri apparati di sicurezza come fossero figurine. E’ da irresponsabili.

Fallito un blitz, si è comunque proceduto con un altro: la modifica delle governance degli enti lirici, per rimuovere l’ad Fuortes e dare il via libera alle nomine Rai, e degli enti previdenziali, Inps e Inail. Spiega un ministro: “Una volta approvato il decreto Lavoro con la cancellazione del Rdc non potevano certo affidare la gestione dei nuovi strumenti di assistenza e inclusione a chi ha tenuto a battesimo il Reddito di cittadinanza”. Il ragionamento in sé non fa una piega. Dopodiché la mossa assomiglia a mettere l’orso JJ4 in una cristalleria: commissariare ora l’Inps – sarà nominato infatti un commissario – equivale ad aver commissariato il Pnrr (a cui è stata cambiata la governance). Il rischio di mandare in tilt la macchina è forte.

Come se non bastasse, ora si comincia a ballare anche con le riforme costituzionali. Che incrociano, fatalmente, un altro dossier divisivo: l’autonomia differenziata. Pretesa dalla Lega, subìta da Meloni. Fermate le macchine: la premier deve tirare il fiato. Almeno un po’.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.