Concessioni spiagge? Rinviato. Concessioni ambulanti? Prorogate. Pnrr? Rinvii “necessari”. Case green e autoelettriche? Vedi sopra. Maggiori permessi per i lavoratori stranieri? Si scrive, si approva ma non si fa. Taglio degli sgravi fiscali per finanziare la riforma del fisco o le nascite? Se ne parla ma non si fa. Mettiamoci anche le nomine in Rai, faccenda dolente per non dire dolentissima visto che si parla dell’informazione.

Le ricette ci sono. Ed è anche vero che la bacchetta magica non ce l’ha nessuno. E però il governo dei “pronti” è pronto soprattutto in una cosa: rinviare e prorogare. Cercare compromessi fra tre fronti tutti ugualmente impegnativi: gli slogan della campagna elettorale e di un consenso cresciuto stando all’opposizione; gli impegni istituzionali, internazionali e le regole condivise che nessuno, neppure Meloni, una volta a palazzo Chigi può esimersi da rispettare e onorare; le pulsioni di rivincita degli alleati, uno soprattutto, quel Matteo Salvini che avendo accettato negli ultimi cinque anni di stare per ben due volte al governo ha visto precipitare il consenso dal 33 al 9 per cento. L’andamento opposto a Fratelli d’Italia che è stato sempre all’opposizione. Intanto Bruxelles ci bacchetta e si fida sempre meno dell’Italia. Nonostante gli sforzi del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, vero stakanov della nostra agenda esteri.

In questa cornice vanno letti i fatti degli ultimi giorni. E alcune scelte comunicative della premier: giovedì ha dirottato il dibattito pubblico sulla ormai famosa vignetta di Natangelo che aveva come protagonista Arianna Meloni. Era il giorno in cui Bruxelles ci ha stangato due volte -balneari e diritti Lgbt – ma il grande pubblico ne ha saputo poco o nulla. Ieri palazzo Chigi ha annunciato un consiglio dei ministri straordinario il Primo maggio, festa dei lavoratori, in cui saranno annunciate misure straordinarie per i lavoratori. Che si dà il caso quel giorno, giornalisti compresi, non dovrebbero lavorare. Ma soprattutto, poiché in quel pacchetto ci sarà anche la revisione del Reddito di cittadinanza e il destino di migliaia di famiglie che da fine luglio restano senza sussidio, forse quel Cdm andrebbe fatto prima.

Giovedì sera il Consiglio dei ministri ha finalmente approvato – dopo due rinvii e parecchie turbolenze – il disegno di legge sulla concorrenza (quella annuale e che spesso non riusciamo a fare). Il ministro titolare Adolfo Urso avrebbe ottenuto il “placet della Commissione Ue” e, soprattutto, il via libera di tutta la maggioranza. Il motivo del rinvio nelle ultime settimane erano state le concessioni per gli ambulanti (anche loro, come tutte le concessioni, nel perimetro Bolkestein) grazie ad un blocco trasversale a tutti i partiti della maggioranza che diceva no alla messa in gara delle licenze. E così è andata infatti: gli ambulanti possono stare tranquilli per altri dodici anni. L’articolo 6, su undici, del ddl dice che “le concessioni già in essere per il commercio sulle aree pubbliche saranno prorogate per altri dodici anni”. Dodici anni non sono un tempo che può andare d’accordo con il concetto di concorrenza e trasparenza.

Le associazioni di categoria, a suo tempo rassicurate sul punto, hanno ottenuto quello che volevano: una sanatoria. “E’ una salvaguardia del legittimo affidamento degli attuali concessionari” è stata la spiegazione. Gli altri ambulanti che legittimamente ambiscono ad avere i posti fissi ed assegnati, possono attendere. Bruxelles è stata “soddisfatta” con i parcheggi (concessioni per 10 anni tetto massimo di licenze per ogni operatore). La legge sulla concorrenza è uno dei milestone del Pnrr: dobbiamo farla e adeguarla ogni anno (quella di ieri è del 2022). Il problema è che anche quella del 2021 (governo Draghi) è stata approvata ma poi si è persa per strada. Insieme con l’allora premier: catasto, taxi, balneari, le potenti lobby che tradizionalmente fanno capo della destra. Dei primi due non si sa più nulla. Sulle concessioni balneari ieri è arrivata l’ennesima e definitiva mazzata: la sentenza della Corte di giustizia ha bocciato i rinnovi automatici delle licenze balneari e chiede all’Italia di applicare la direttiva Bolkestein. Senza se, senza ma e senza ulteriori rinvii.

Come stabilisce del resto le legge sulla concorrenza del governo Draghi per cui a gennaio 2024 i comuni devono mettere a gara le concessioni. Nel Milleproroghe la maggioranza è riuscita ad ottenere un rinvio fino alla fine del 2025. Oltre la sentenza, è avviata dal 2020 anche la procedura d’infrazione: la lettera della commissione, quella che dà il via alla multa, è già pronta ma è stato deciso di inviarla il prossimo mese “per dare il tempo al governo italiano di adeguarsi”. Questo significa che la premier ha promesso di trovare una soluzione. Quale, però, non si sa. Intanto si rinvia. Salvini, che come controparte per aver ceduto qualcosa sul decreto immigrati ieri ha ottenuto la nomina a Commissario per la siccità, chiede che ora si faccia la mappatura dei siti. Una scusa per prendere alto tempo: quella mappatura esiste già.

Potremmo qui parlare anche di Mes, la prossima settimana il ministro Giorgetti dovrà giustificare i nostri rinvii per la ratifica. E di altri rinvii, quelli sui “flussi legali” per i lavoratori stranieri: c’è una domanda di mano d’opera per 300 mila persone ma l’ultimo flusso si è fermato a 82 mila. Eppure anche questa è una promessa/impegno del decreto Cutro approvato l’altro giorno. Con queste premesse speriamo che Bruxelles ci conceda la proroga sul Pnrr.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.