Le zone d’ombra di un’inchiesta giudiziaria
Mogherini rilasciata, c’era bisogno del fermo? Anche per la malagiustizia vale il detto “una risata vi seppellirà”
Il caso Mogherini-Sannino-Zegretti mi ha fatto ricordare una barzelletta che raccontava un amico francese, il quale, come tutti i suoi compatrioti, considerava i belgi come cugini un po’ minorati. Un dirigente belga di una multinazionale – ecco la storia – viene trasferito da Bruxelles a Parigi presso la sede centrale. Conoscendo l’opinione che i francesi hanno dei belgi decide di non farsi riconoscere e prende lezioni di dizione per esprimersi in un francese impeccabile. Finita la preparazione si presenta a Parigi, ma prima di entrare nell’edificio, decide di fare una prova della proprietà di linguaggio, recandosi ad acquistare un pacchetto di sigarette. Entra in un negozio ed esegue l’ordinazione. Al che il commesso lo ferma con una domanda secca “Lei è belga?”. Il malcapitato si sente crollare il mondo addosso e di rimando chiede come abbia potuto il suo interlocutore rendersene conto in pochi attimi di conversazione. Il negoziante risponde: “Per forza, io sono un fornaio”. Del resto – senza offesa per la capitale dell’Unione – la spocchia dei francesi è comprensibile: quale opinione può avere un cittadino della Ville Lumiere, che se alza gli occhi vede la Tour Eiffel, di una capitale che ha eretto un monumento a Tintin e adornato una delle principali piazze di Bruxelles con la statua dorata dell’Enfant qui pisse?
Il precedente Qatargate
Anche la magistratura requirente federale (immagino che ce ne siano almeno due, una vallona ed una fiamminga, poiché in Belgio è tutto doppio) già con il Qatargate – le cui propaggini si sono smorzate nel voto a grande maggioranza della Juricon contro la relazione che proponeva di revocare l’immunità ad Alessandra Moretti e Elisabetta Gualmini entrambe europarlamentari del Pd – aveva sollevato un polverone nel 2022 di cui si sono perse le tracce, tanto che neppure Hercule Poirot (altra gloria belga) potrebbe venirne a capo.
Di certo anche quella magistratura ha dimostrato di arrivare in ritardo: trent’anni dopo l’exploit di Mani Pulite, quando persino alcuni dei protagonisti di quel golpe giudiziario hanno iniziato a manifestare ripensamenti, sia pure a mezza bocca. Del nuovo scandalo che ha coinvolto Federica Mogherini, l’ambasciatore Stefano Sannino e Cesare Zegretti, dirigente del Collegio d’Europa (di cui Mogherini è rettrice dal 2020, poi riconfermata per un secondo mandato) si conoscono solo i capi di imputazione: frode, corruzione negli appalti, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale.
Tutto ciò nell’ambito di quello che è stato definito lo scandalo sui fondi per i giovani diplomatici europei. La notizia del loro fermo ha fatto il giro delle Cancellerie europee e ha dato modo a quella Erinni russa che è portavoce del ministero degli Esteri di fare una delle sue solite battute malevoli verso un’Europa che “parla bene ma razzola male”, cogliendo lo spunto per guadagnarsi le benemerenze del Cremlino in un momento in cui l’Unione è nel mirino di Putin. Ha sorpreso che Mogherini, Sannino e Zegretti siano stati rilasciati intorno all’una di notte, dopo gli interrogatori condotti dalla polizia federale delle Fiandre occidentali. La Procura europea, alla guida delle indagini, in una nota ha spiegato che “sono stati rilasciati, in quanto non sono considerati a rischio di fuga”.
C’era bisogno di un fermo di polizia?
Resta l’impianto accusatorio: dopo essere stati interrogati dalla Polizia giudiziaria federale belga (ma quante polizie ci sono?), le tre personalità sono state informate delle accuse a loro carico che coincidono – secondo le autorità – con quelle emerse ieri dalla inchiesta ancora in corso. Bontà sua, la Procura europea ha voluto rassicurare che “tutte le persone sono presunte innocenti fino a prova contraria da parte dei tribunali belgi competenti”. Senza anticipare conclusioni, che non ci spettano, un fatto sembra già evidente: c’era bisogno di un fermo di polizia? Non bastava una convocazione riservata in commissariato? Che cosa hanno ricavato dall’interrogatorio le autorità inquirenti per convincersi che non c’era quel rischio di fuga per evitare il quale si era proceduto al fermo?
Non risulta che i tre siano tornati alle loro dimore sfoggiando dei braccialetti elettronici con i quali seguire le loro mosse. Peraltro non si comprende per quali ragioni i dirigenti del Collegio dovrebbero aver combinato una truffa ai danni dell’Unione essendo il Collegio stesso finanziato principalmente dall’Unione europea, dal governo belga e dal governo polacco; mentre altri governi nazionali e fondazioni private vi partecipano in minor misura. Secondo le nostre regole si potrebbe parlare di servizio “in house” ovvero di quella procedura che consente a una pubblica amministrazione di affidare un appalto a una società controllata senza dover indire una gara pubblica.
Il Riformista ha voluto prendere una posizione garantista netta fin dalle prime ore. Non è stata solo una questione di principio, ma il suggerimento di una linea editoriale da seguire in questi casi. Anziché reggere la coda alle procure, i media dovrebbero mettere in evidenza per primi le zone d’ombra di un’inchiesta giudiziaria. Anche per la malagiustizia vale il detto “una risata vi seppellirà”.
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