La canzone più brutta dei Beatles è un capolavoro non del tutto riuscito. I beatlesiani veri questo pensano. Di capolavori riusciti dei Fab Four ce ne saranno almeno un centinaio, e altrettanto di pezzi belli o bellini. Allora a che serve inventarne un altro grazie all’Intelligenza Artificiale? Qual è il senso dell’operazione annunciata da Paul McCartney, cioè un “nuovo disco dei Beatles” entro l’anno? Escluso il motivo commerciale, che per Paul e Ringo Starr non ha evidentemente senso, la domanda forse ha una sola risposta: boh!

Quando nel 1995 Paul, Ringo e George Harrison, che era ancora vivo, riesumarono due pezzi di John Lennon (Free as a bird e Real love) mixando la voce di John con quelle di loro tre e riarrangiando il tutto si parlò, abbastanza a torto, di un’operazione necrofila: invece era una specie di montaggio di nastri “reali”, un esperimento basato sulla realtà. Qui no. Si prende una vecchia e malandata incisione di Lennon (il brano si intitola Now and then che non era per i Beatles ma per lui stesso) e grazie all’IA viene fuori un “nuovo brano dei Beatles”, dove tra l’altro si utilizza anche George che non è nel nastro di Lennon né ovviamente in presenza: è un trucco.

Tra l’altro è una cosa che in realtà chiunque può già ascoltare comodamente su YouTube, dove grazie alla IA si possono ottenere pezzi “finti”. Noi siamo per la libertà e non ci sogniamo di scomunicare – e chi siamo noi – chi si vuole divertire con le manipolazioni che le recentissime tecnologie consentono. L’arte però è un’altra cosa. È irripetibile. Intoccabile. Ma che, vogliamo aggiungere uno squillo di tromba a una sonata di Schubert?

I dischi dei Beatles sono quelli che abbiamo da decenni sui nostri scaffali, le leggendarie copertine ci guardano ogni giorno, loro quattro sulle strisce, loro quattro stilizzati, loro quattro in uniforme, una copertina tutta bianca e tutte le altre. Abbiamo da qualche parte vecchissimi 45 giri, i neri della Parlophone e quelli con la mela col buco in mezzo. Ovviamente c’è tutto su Spotify, sulle altre piattaforme. I Beatles sono ovunque, come l’aria. La cattedrale beatlesiana è lì in tutto il suo splendore e non si sente alcun bisogno di aggiungervi alambiccate protuberanze, non c’è nulla da riparare o da coprire. Non imboccate questa strada, non fate che si possa ritoccare Michelle o Strawberry fields forever con qualche aggiunta appiccicata spingendo un bottone.

Bisognerebbe fare come con i quadri nei musei, se ci si avvicina scatta un allarme. Dovrebbe valere anche per Paul, soprattutto per lui, il Gran Custode della più fantasmagorica cattedrale del mondo.

Mario Lavia

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