Il peso politico delle piattaforme digitali nel dibattito pubblico è un dato ormai pacifico, riconosciuto da sentenze, libri, testi normativi.

Proprio per questo, le radicali modifiche importate da Elon Musk a Twitter, ormai divenuto l’asettico X, in previsione delle delicate elezioni USA e di quelle non meno delicate per il rinnovo del Parlamento europeo nel 2024 non appaiono solo semplici ed estemporanei esperimenti di marketing o di modellazione di nuove funzionalità.

Inutile negare che tra tutti i social Twitter sia stato il più ‘istituzionale’, il più frequentato e popolato da politici, partiti, opinionisti, giornalisti.

La viralità del micro-blogging e le sue vecchie funzionalità lo hanno reso giustamente popolare e, intrinsecamente, un vettore politico per eccellenza.

E del pari si deve ricordare come la campagna elettorale vincente di Trump del 2016, oltre agli scandali poi emersi, si sia basata su aggressive condotte di comunicazione online, ai limiti del caos digitale, con appendici di autentico ‘meme warfare’ e legioni di troll scatenati.

Proprio per questo, ed evitare così che il dibattito pubblico e la dialettica politica potessero risultarne pesantemente inquinati, molti organismi pubblici, dagli USA alla UE, si sono dati strumenti normativi per sensibilizzare le piattaforme sul tema della moderazione dei contenuti. Operazione non facile e che spesso cade nell’estremo opposto, potendo comunque indicare bias politici e una limitazione della libertà di espressione.

Il problema, ora, è che tra le varie modifiche annunciate da Musk si registra quella altamente controversa della eliminazione della funzione di blocco.

Una funzione così rilevante da essere riconosciuta, da Apple e Google, come imprescindibile elemento per poter accedere agli store che consentono di scaricare la applicazione della piattaforma.

La funzione di blocco esplica un ruolo essenziale, perché consente di proteggere i propri account non soltanto da invadenza o volgarità ma da più preoccupanti attacchi, spesso concentrici e coordinati.

L’eliminazione di una funzione tanto essenziale, una scelta criticata praticamente da chiunque, aprirebbe le porte di X ai troll e alla possibilità di attacchi coordinati che finirebbero, inevitabilmente, per riverberarsi sul clima politico e elettorale, portando a segnalazioni di massa e alla potenziale cancellazione di profili istituzionali.

Nei fatti, mantenere soltanto la leggera funzione di silenziamento non preserverebbe dagli attacchi e finirebbe per trasformare X in un caos assoluto, regno incontrastato dei troll. E di chi dietro i troll potrebbe celarsi e prosperare.

Andrea Venanzoni

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