Quando lo scorso anno vennero pubblicati per la prima volta sui giornali i colloqui aventi ad oggetto le nomine di importanti Procure fra l’ex pm romano Luca Palamara, alcuni consiglieri del Csm e i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti, la reazione fu di generale indignazione. Ben cinque consiglieri del Csm, che avevano preso parte a quegli incontri, furono costretti alle dimissioni. Anche l’allora presidente dell’Anm Pasquale Grasso si dovette dimettere e al Csm si creò una nuova maggioranza.

Tutt’altro scenario dopo le ultime pubblicazioni delle chat di Palamara, in cui viene disvelato apertamente il sistema degli accordi fra le correnti per l’assegnazione degli incarichi direttivi.

La stampa in Italia è come certa magistratura: non è perfettamente libera. Ci sono dinamiche lampanti che evidenziano un fastidioso “doppiopesismo”.

Andrea Reale, gip al Tribunale di Ragusa, è fra i creatori del blog toghe.blogspot.com, uno spazio virtuale in cui i magistrati “senza casacca” denunciano i mali del correntismo in magistratura.

Giudice Reale, ha notato il silenzio dei “giornaloni” sulle ultime chat di Palamara?
Si. I quotidiani che lo scorso anno diedero enorme risalto alla notizia di Palamara che brigava per nominare alcuni procuratori, adesso tacciono.

Un silenzio strano?
Gli stessi quotidiani che hanno crocifisso i consiglieri che hanno partecipato alla riunione presso l’hotel Champagne oggi sono assolutamente in silenzio davanti al disvelamento pubblico del sistema di cui l’hotel Champagne è solo la punta dell’iceberg.

Leggendo la chat di Palamara non vi è dubbio alcuno su come funzionava il sistema….
A tutte le conversazioni poi sono seguite nomine apicali secondo logiche correntizie.

L’ultima in ordine di tempo è quella di Marco Mescolini, poi nominato procuratore di Reggio Emilia. Il M5s ne chiede le dimissioni, il Pd lo difende.
È la prova che esistono rapporti “discutibili” fra politica e magistratura. I politici che intervengono a difesa di condotte eticamente riprovevoli di un magistrato esercitano una indebita interferenza e dimostrano una faziosità sospetta, soprattutto perché a difesa di comportamenti indifendibili .

Palamara, da presidente della Commissione per gli incarichi direttivi, era subissato di telefonate e messaggi di colleghi che premevano per essere nominato. È normale?
Il magistrato non lo deve mai fare. È scritto nel codice etico.

È un illecito?
È un “evidente” illecito deontologico. Non è possibile intercedere o far intercedere alcuno con il consigliere che decide sulle nomine. È una prassi che deve definitivamente cessare.

Chiedere informazioni?
Aver brigato solo per velocizzare l’iter della pratica rientra nel sistema delle correnti da denunciare ed espellere dal funzionamento del Csm. Lo ha detto anche il presidente della Repubblica.

E dal punto di vista disciplinare?
Il problema è se la nomina ha causato un danno a coloro che non sono stati nominati. In quel caso credo ci possano essere illeciti disciplinari e anche penali.

Palamara ai suoi interlocutori ripeteva sempre: “Stai tranquillo, ti blindo la motivazione (con cui il magistrato viene nominato al Csm, ndr). Ci spiega cosa significa?
(Ride) Non ci sono catenacci e porte blindate al Csm. Si parla sempre di discrezionalità in tema di scelte. La nomina blindata è un ossimoro, anzi un abuso. Se esiste discrezionalità si devono valutare tutti i candidati. Se avviene la “blindatura” vuol dire che la nomina è già predestinata e sono stati esclusi tutti gli altri candidati.

Ed è un illecito?
È contro la legge.

Cosa si deve fare ora? Mi riferisco a quelli che sono stati nominati in questo modo.
Un annullamento d’ufficio o un qualsiasi altro meccanismo che impedisca di mantenere il posto a chi lo ha ottenuto tramite una condotta illecita, anche se solo sotto il profilo deontologico.

Dopo lo scandalo dello scorso anno, le correnti a Palazzo dei Marescialli sono sempre al loro posto.
Già, i gruppi al Csm sono tutti lì. Ancora oggi se un magistrato non appartiene ad un gruppo è escluso dalle nomine.

Si sente penalizzato?
Ovvio. Tutti i magistrati, anche chi non è iscritto a una corrente, ha il diritto di poter partecipare a un concorso per una nomina o un avanzamento. E invece, nulla.

Rammarico?
Che le istituzioni di garanzia, compreso il capo dello Stato, ancora non abbiano allontanato i gruppi consiliari dall’Organo di autogoverno dei magistrati. A tutela di tanti altri magistrati che non hanno tessere in tasca.