Ad un certo punto, nella riunione del Consiglio dei ministri la ministra Locatelli, Lega, delega alla Disabilità, ha messo sul tavolo quella che deve esserle parsa la soluzione finale: “Mettiamo il riconoscimento facciale ai cellulari per impedire l’uso dei telefoni”. Si dice che intorno al tavolo tondo del Consiglio dei ministri sia calato il gelo. Salvini è rimasto silente. Ma compiaciuto. Qualcuno ha sussurrato: “Guardate che il passo immediatamente successivo è la schedatura…”. L’idea è rimasta nell’aria. Ma già solo averla pronunciata dà l’idea di quale pericolosa mistificazione stia andando in scena con il decreto contro le baby gang e la delinquenza minorile.

Il decreto Caivano – perché sarà il comune alle porte di Napoli il “modello” della “bonifica” delle periferie degradate – sposa un’impostazione per lo più repressiva, più reati, più pene, più carcere e dimentica, comunque rinvia, l’altro corno del problema, prioritario e più urgente: la rieducazione del tessuto sociale.
Le norme approvate ieri sono una parziale marcia indietro rispetto alle bozze circolate il giorno prima e su cui Forza Italia aveva espresso riserve per l’approccio a senso unico con l’unica leva del codice penale. Ha prevalso comunque ancora una volta l’approccio securitario voluto da Salvini e dalla Lega: “Se un sedicenne ha un’arma e spara va trattato come uno di cinquant’anni”. E tanti saluti a decenni di psicologia e diritti dei minori che dimostrano esattamente il contrario.
Per spiegare il decreto Caivano la Presidenza del Consiglio ha organizzato una conferenza stampa con sette ministri – Interno, Giustizia, Sport, Istruzione, Sud e Pnrr, Famiglia, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e anche la premier Meloni che ha rinviato alle 20 il volo che l’attendeva per New Dheli dove da oggi parteciperà al G20. “Ci tenevo ad essere qui perché da oggi diciamo basta alle zone franche nel nostro paese”.

I decreti approvati sono due (anzi tre compreso quello che libera i Diesel 5 in Piemonte). Uno sul Sud che, tra le altre cose, autorizza il ministro Fitto ad una spesa di 572 milioni (ma, assicura, “sono soldi europei”) per l’assunzione di 2200 dipendenti pubblici nei vari enti locali del Sud Italia per implementare l’uso e la spesa dei fondi coesione. E del Pnrr.
Il cuore della giornata sono i 14 articoli del decreto “Caivano”. Che poggia su “tre pilastri” – ha spiegato la premier: operazioni ad alto impatto come le perquisizioni a tappeto a Caivano (l’altro giorno) a Tor Bella Monaca (a Roma) e nei Quartieri Spagnoli a Napoli ieri mattina. “Lo Stato si era dimenticato di questi e di altri territori e noi invece ci torniamo con un approccio totale e duraturo nel tempo”. Il secondo pilastro è la stretta sulla criminalità “anche minorile che sta aumentando ogni giorno di più come ci dicono le cronache”. Infine la “parte educativa, creare cioè un’alternativa valida nelle giornate e nella vita di questi ragazzi”.

Il problema è che la parte repressiva entra in vigore subito. Quella educativa, il recupero del tessuto sociale, chissà. Sono previsti più reati e carcere per combattere la delinquenza minorile. In un colpo solo viene abbassata la soglia della punibilità, a quattordici anni si può andare in carcere (e non più a sedici) se c’è la flagranza di reato per spaccio, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. C’è il Daspo urbano per i quattordicenni, l’ammonimento del questore anche per i dodicenni. “Ma non certo l’arresto come ho sentito dire in queste ore”, si è affrettato a spiegare il ministro della Giustizia Carlo Nordio la cui filosofia “meno carcere, più recupero” è stata dimenticata nel decreto Caivano. Di sicuro sono stati spuntati alcuni eccessi oltre all’invocato “riconoscimento facciale”. Restano le pene per i genitori che non vigilano sul percorso scolastico dei figli (fino a due anni). Resta il divieto di uso e possesso del cellulare e di altri device per il quattordicenne coinvolto in alcuni reati come spaccio di droga e violenze. Nasce però il problema di come dare seguito al divieto.

Per altri aspetti il decreto è un’occasione sprecata. La ministra per la Famiglia Eugenia Roccella aveva chiesto il divieto di accesso ai siti pornografici. Mettendoli ad esempio a pagamento, rendendo tracciabile il loro uso. “Il problema esiste – ha riconosciuto Meloni – perché i dati ci dicono che bambini di 6-7 anni iniziano a frequentare quei siti. Ma se ne deve però occupare il Parlamento”.
Ma l’occasione sprecata riguarda la costruzione di un’alternativa di vita. Il ministro Valditara ha spiegato che Caivano avrà “venti insegnanti in più per le scuole medie e sei milioni, in generale, saranno destinati ad incentivare i professori di frontiera”. Poco, troppo poco per territori dove le famiglie non esistono e le scuole sono per lo più fatiscenti e senza programmi di tempo pieno che sono l’unica arma contro la dispersione scolastica. E la delinquenza.
“Possiamo fare di più, certamente”, ha riconosciuto Meloni. Ad esempio recuperare subito quei 16 miliardi di Pnrr che il governo ha sottratto proprio ai comuni e alle periferie. E darli a Caivano, a Tor Bella Monaca, ai bassi di Napoli.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.