Subiscono tagli e ridimensionamenti alcune delle sei missioni originali del Piano
Pnrr: definanziati 16 mld. A rimetterci il Sud e i comuni. Il Ministro Fitto dovrà dare risposte
A fronte di 67 miliardi già incassati (governo Draghi), il governo Meloni deve ancora incassarne uno su un totale di 36 previsti entro la fine del 2023. Ma il dato che fa più male è che di questi 36 previsti, ben 15 miliardi e 891 sono stati definanziati. Il ministro Fitto e la premier Meloni insistono che non è vero. Ma il Rapporto pubblicato lo conferma.
Allo scoccare del secondo anno di vita, dopo fiumi di parole, previsioni e indiscrezioni, ecco in 154 pagine la fotografia dello stato attuale del Piano nazionale di resistenza e resilienza italiano, il più “ricco” di tutta l’Unione, ben 191 miliardi e mezzo.
Bene: a fronte di 67 miliardi già incassati (governo Draghi), il governo Meloni deve ancora incassarne uno su un totale di 36 previsti entro la fine del 2023. Ma il dato che fa più male è che di questi 36 previsti, ben 15 miliardi e 891 sono stati definanziati. Il ministro Fitto e la premier Meloni insistono che non è vero, dicono che “questi soldi sono stati spostati da progetti che non sarebbero mai stati realizzati nei tempi previsti” (collaudo entro giugno 2026).
E però il termine “definanziati” è quello che si legge nel report di Raffaele Fitto, ministro per il Sud, i rapporti con la Ue e il Pnrr, in testa ad una tabellina. Anzi, per la precisione: “Sulla scorta della ricognizione effettuata – si legge nel report – il Governo ha adottato un approccio preventivo di analisi e soluzione delle circostanze rilevanti e delle criticità per l’attuazione del Piano, al fine di individuare per tempo i problemi e garantire il raggiungimento del risultato con gli strumenti appropriati. La seguente tabella illustra le misure per le quali si propone il definanziamento dal Pnrr”.
Ieri poi la Commissione europea ha fatto sapere che, alla fine di un’ulteriore verifica dei progetti e delle modifiche richieste, tra un mese dovrebbero essere pagati i 18,5 miliardi della terza rata scaduta il 31 dicembre 2022. Sempre Bruxelles, la stessa commissione, ha fatto sapere che “anche le richieste di modifica della quarta rata vanno nella direzione auspicata”.
Messaggi “positivi e rassicuranti” secondo palazzo Chgi. Fitto e la premier, di ritorno dalla positiva trasferta a Washington, si sono impegnati nel fare dichiarazioni trionfanti contro “quei gufi delle opposizioni”. Il punto è che i soldi nelle casse dello Stato non sono ancora arrivati e che il nostro fabbisogno di cassa comincia invece ad essere urgente.
Chiarito questo, le 154 pagine del Rapporto che sarà illustrato martedì in Parlamento dal ministro Fitto, dicono anche – soprattutto – quali progetti sono stati tagliati. Pardon: definanziati. Sapendo che “rinviare” e “spostare” quando si parla di miliardi e di progetti equivale a dire “addio”.
Allora come da tabella anche qui pubblicata, sei miliardi sono stati tolti alla voce “efficienza energetica dei Comuni”. Altri 3 miliardi e 300 milioni sono stati tolti alla voce “investimenti per la riduzione del degrado sociale”. Due miliardi e 493 milioni sottratti ai “Piani urbani integrati” dove s’intende opere di riqualificazione urbana sempre nell’ottica della riduzione delle disuguaglianze. Attenzione: un miliardo e 287 milioni sono stati definanziati dal capitolo “misure per la riduzione del rischio idrogeologico”. E ancora: un miliardo e due alla voce idrogeno (tolti all’Ilva di Taranto); 725 milioni dal “potenziamento servizi e infrastrutture sociali”: 675 dalla “promozione impianti innovativi”; 300 milioni dalla “valorizzazione dei beni confiscati alle mafie”; 110 milioni dalla “valorizzazione del verde urbano ed extraurbano”.

È chiaro ed evidente che a rimetterci saranno soprattutto il Sud, i comuni, gli enti locali, il nostro territorio massacrato dal mutamento climatico. Subiscono tagli e ridimensionamenti alcune delle sei missioni originali del Piano. La salute, ad esempio, le Case della salute, pensate per potenziare l’assistenza alle persone nel territorio, la telemedicina e gli interventi antisismici. Colpa dei rincari e della difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Ci rimettono gli asili nido. Si perde per strada l’obiettivo primario di ridurre le disuguaglianze tra Nord e Sud.
I sindaci sono già sul piede di guerra. Antonio De Caro avverte: “A differenza dei ministeri noi, i comuni, siamo stati più bravi e abbiamo utilizzato le risorse in modo rapido ed efficace. Perché quindi spostare i fondi dal Pnrr al Repower?”. Soprattutto, “quali garanzie ci dà il governo che questi spostamenti andranno poi a buon fine? E quando?”. Sono tante le domande a cui il ministro Fitto dovrà, martedì, dare risposte chiare.
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