Emozioni al cardiopalma per l’editoria italiana nella giornata di ieri. Nella combattuta gara per accaparrarsi un posto nella cinquina finalista, ha preso il via la cinquantanovesima edizione del Premio Campiello, promosso dal 1962 dagli Industriali del Veneto, per omaggiare e diffondere le più meritevoli tra le opere di narrativa italiana dell’anno trascorso. Il presidente della giuria 2021, Walter Veltroni, ha annunciato al Palazzo del Bo’ di Padova, la vincitrice del Premio Campiello Opera Prima, ossia la sceneggiatrice Daniela Gambaro, premiata per “la magia della sua scrittura” nella raccolta di racconti Dieci storie quasi vere, pubblicato dalla virtuosa casa editrice indipendente Nutrimenti. Grande attesa, soprattutto, per l’annuncio della cinquina finalista del Premio Campiello per gli scrittori più navigati che, nel corso della cerimonia, ha visto una gara decisamente movimentata, con esclusioni inaspettate e sorprese tra i favoriti.

Tra i libri candidati di quest’anno, quelli di due donne: L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani) di Giulia Caminito – il romanzo di lotta di classe, tratto da una storia vera, contro le disparità sociali istituzionalizzate, attraverso un inteso rapporto madre-figlia – e La felicità degli altri di Carmen Pellegrino, che l’ha spuntata per un soffio nell’ex aequo su Aurelio Picca, l’altro candidato Bompiani, presentato per il romanzo Il più grande criminale di Roma è stato amico mio. Tra gli altri tre finalisti compaiono i nomi di Paolo Nori con Sanguina ancora (Mondadori), autore del romanzo sull’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij; Paolo Malaguti, candidato Einaudi con Se l’acqua ride, la storia sul mondo dei “barcari”, la civiltà del commercio fluviale, fino alla fine degli anni Sessanta; e infine, il superfavorito di quest’anno: Il libro delle case (Feltrinelli) di Andrea Bajani, un racconto sulla frammentazione identitaria e sulle versioni del nostro “io” in cui ci scomponiamo quotidianamente negli spazi domiciliari che ci circondano. Con stupore è stata accolta la posizione del cantautore e componente della giuria, Roberto Vecchioni, che si è già apertamente esposto a favore del candidato Feltrinelli, meritevole di aver trattato sapientemente un tema così attuale, in piena pandemia.

Eloquente il discorso dello scrittore Edoardo Camurri in collegamento video che, sulla scia dell’abuso del narratore in prima persona e dell’autofiction come genere del narcisismo patologico, di cui lungamente ci si è lamentati anche sulle colonne di questo giornale, ha rimproverato alcuni scrittori italiani contemporanei di asservirsi, con una certa passività, alle mode editoriali del momento, abbandonandosi troppo spesso alla tendenza stilistica “dell’intimismo eccessivo”. Camurri ha poi ricordato il grande scrittore scomparso Alberto Arbasino e la sua critica alla scrittura “del tinello”, quella che Paccagnini ha definito maliziosamente come “scrittura gnè gnè”.

Grande escluso, il caso editoriale dello scorso anno, La città dei vivi (Einaudi), il romanzo reportage sul delitto di Luca Varani, scritto dal direttore del Salone del libro di Torino, Nicola Lagioia, reduce dal rifiuto della sua potenziale candidatura anche per il Premio Strega 2021. Bisognerà, dunque, attendere il prossimo 4 settembre per la proclamazione del vincitore, nella speranza che la giovanissima Giulia Caminito riesca ad eguagliare l’eccellente risultato ottenuto da Remo Rapino nel 2020, che ha trionfato con Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, edito da minimumfax.