Oggi a Budapest si terrà il Pride, che Viktor Orbán ha cercato di vietare addirittura con un’apposita norma costituzionale. Si svolgerà comunque, grazie al coraggio del sindaco liberale, Gergely Karácsony, che ha deciso di co-organizzarlo per aggirare il divieto del governo. Il Pride si farà anche grazie al sostegno che arriva da tutta Europa: delegazioni di europarlamentari, parlamentari nazionali, la commissaria europea per l’Uguaglianza e numerose associazioni Lgbt dei Paesi membri. Dall’Italia parteciperanno segretari, segretarie di partito e rappresentanti dei partiti progressisti (non li nomino, per non rischiare omissioni).

La sfida a Orbán: arresterà tutti?

Migliaia di persone sbarcheranno a Budapest per sostenere una comunità Lgbt ungherese oppressa da leggi discriminatorie, in un Paese guidato da un presidente che ha fatto della lotta contro diritti civili una bandiera ideologica. Arriveranno per ribadire la libertà di manifestare e le libertà civili, capisaldi dei princìpi fondamentali della Ue, di cui il presidente dalla faccia ingrugnita se ne frega. Chi ci sarà merita un grande applauso. Sfideranno le minacce, le possibili multe e – speriamo – solo quelle. Vedremo se Orbán avrà il coraggio di arrestare o sanzionare mezza Europa. Tuttavia, qualche domanda è inevitabile.

L’Ungheria, la repressione e l’Ue che deve fare di più

Al netto del post su X di Ursula von der Leyen (“Chiedo alle autorità ungheresi di consentire lo svolgimento del Budapest Pride. Alla comunità Lgbtiq+ in Ungheria e oltre: sarò sempre il tuo alleato”), è possibile che un Paese dell’Unione europea possa permettersi di calpestare in questo modo i diritti fondamentali? Possibile che Commissione e Parlamento europei non riescano ad adottare misure concrete per sostenere le persone ungheresi vittime di repressione? Perché domenica, quando le delegazioni saranno ripartite, a fare i conti con la faccia cattiva di Orbán resteranno solo loro: gli ungheresi.

E un piccolo promemoria alla delegazione progressista italiana è doveroso: quando inizierete a costruire un’iniziativa parlamentare seria su una legge contro l’omotransfobia? Sulle adozioni per le coppie omogenitoriali? Sul matrimonio egualitario? Sono tutte questioni ancora aperte nel nostro beneamato Paese, su cui si potrebbe – e si dovrebbe – fare politica, cercando convergenze oltre le bandierine identitarie.

La censura in Germania

Infine, un Achtung: anche nella liberale Germania si registrano segnali preoccupanti. La nuova presidente del Bundestag, Julia Klöckner (Cdu, lo stesso partito di von der Leyen), ha vietato alla delegazione parlamentare della “Rete arcobaleno” di partecipare in veste ufficiale al Pride di Berlino. Ha anche deciso che la bandiera rainbow non sarà più esposta sul tetto del Bundestag, se non il 17 maggio, Giornata internazionale contro l’omofobia. Ma, a differenza dell’Ungheria, sono certa che in Germania i Pride risponderanno con fermezza alla presidente “censora”. Però attenzione. Achtung, insomma. Vigiliamo.

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Ho lavorato in tutte le istituzioni italiane: Assessora al Comune di Firenze, Presidente di Agensport - Regione Lazio, Deputata della Repubblica, Consigliera di tre Ministre della Repubblica. Dal 2016 sono Coordinatrice del Comitato Organizzatore di “Didacta Italia”, l’edizione italiana di “Didacta International” la Fiera della Scuola più importante del mondo che si svolge in Germania. Sono sposata con Ricarda Concia, criminologa tedesca, con cui vivo a Francoforte dal 2014.