Non c’è pace per la Repubblica Democratica del Congo che anche in questo fine settimana ha visto violentissimi scontri nella province orientali. Donald Trump aveva personalmente mediato la pace fra Congo e Ruanda, il mentore delle milizie che stanno dilaniando il grande paese africano e sembrava che la pace fosse stata raggiunta. In realtà si trattava di un accordo soltanto su carta che le M23, la milizia combattente nelle province del Nord e Sud Kivu, non aveva mai sottoscritto, dichiarando che nessuna tregua sarebbe arrivata senza la loro diretta partecipazione ad ogni tipo di trattativa. Washington, durante l’ultima riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha alzato la voce accusando le M23 ed il Ruanda di aver rotto il cessate il fuoco.

I nuovi attacchi

Nel mese di agosto sono ripartiti i combattimenti nel Sud-Kivu nei territori tra Uvira e Mwenga, mente all’interno del Parco nazionale Virunga, i ribelli si sono scontrati con una milizia Hutu, nemica del governo di Kigali. Anche le guardie del parco sono state attaccate dai ribelli che vogliono creare una base all’interno di questo santuario e soprattutto vogliono catturare gli ultimi gorilla di montagna per poterli vendere.

L’accordo disatteso

L’accordo firmato il 27 giugno alla Casa Bianca tra i ministri degli Esteri di Ruanda e RDC, rispettivamente Olivier Nduhungirehe e Thérèse Kayikwamba Wagner, in presenza del segretario di Stato americano, Marco Rubio, è stato totalmente disatteso e solo a luglio i miliziani di M23 e del suo braccio politico AFC avrebbero ucciso circa 150 persone, ma stando ad alcune ONG i morti sarebbero oltre i 300. Intanto dalla capitale congolese di Kinshasa il procuratore dell’Alta Corte militare, il generale Lucien René Likulia ha chiesto la pena capitale per crimini di guerra, tradimento e organizzazione di un movimento insurrezionale per l’ex presidente Joseph Kabila, oltre a 20 anni di condanna per apologia di crimine di guerra e altri 15 per cospirazione.

La pena di morte

Il processo contro l’ex presidente è iniziato il 25 luglio del 2025 e la richiesta di condanna è stata pronunciata con Kabila assente. La scelta della pena di morte è molto singolare perché nella Repubblica Democratica del Congo, nonostante la condanna a morte sia ancora vigente non viene comminata dal 2003. Per l’accusa Joseph Kabila è uno dei fondatori e finanziatori dell’Alleanza Fiume Congo (AFC), braccio politico dell’M23 e deve rispondere degli omicidi, stupri e devastazioni portati avanti da questa milizia. L’accusa sostiene inoltre che Kabila, al potere dal 2001 al 2018, abbia cercato di organizzare un colpo di stato contro l’attuale presidente Felix Tshisekedi, grazie ai membri dell’AFc ed alcuni alti ufficiali ancora a lui fedeli. Dopo aver lanciato alcuni appelli dal Sud Africa dove si era rifugiato, Joseph Kabila è apparso a Goma, la capitale del Kivu del Nord, occupata dai ribelli del M23 rilanciando i suoi progetti politici.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi