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Trump risparmia e ignora le sorti dell’Africa. USAID: taglio netto alla cooperazione

Il 20 gennaio scorso, con uno dei suoi numerosi Executive Orders presidenziali, Donald Trump ha interrotto tutte le attività di cooperazione internazionale degli Stati Uniti, che per lo più fanno capo all’Agenzia USAID. Per il momento, si tratta di una sospensione di 90 giorni, durante i quali si effettueranno da parte dell’Amministrazione di Washington delle verifiche sui progetti, inclusi quelli già avviati ma non conclusi.
Il Segretario di Stato Rubio ed Elon Musk hanno già avvertito che l’intenzione del Governo di Washington è di tagliare circa il 90% dei programmi di cooperazione imputati al bilancio del 2025, con un risparmio di 54 miliardi di dollari dei 60 previsti (nel 2024 la spesa in progetti di cooperazione internazionale era stata di oltre 50 miliardi di dollari, pari all’1% del budget americano). Le conseguenze di questa misura sono migliaia di impiegati e funzionari di USAID posti in aspettativa fino a nuove indicazioni, ed un allarme generalizzato fra i Paesi meno avanzati, molti del Continente africano, che rischiano verosimilmente di perdere programmi di sviluppo sui cui contavano. Il motivo della sospensione (e della probabile cancellazione dopo la verifica in corso) è che secondo Trump ed il suo team la maggior parte dei programmi di sviluppo sono ispirati dalla cultura “liberal”, tendono a favorire migranti e rifugiati, rinforzare le associazioni LGBTQ+ e a difesa delle minoranze, alimentando le casse delle organizzazioni non governative, piuttosto che aiutando in concreto le popolazioni più bisognose.
USAID è da decenni l’Agenzia di cooperazione Internazionale con cui gli Stati Uniti intervengono nel mondo in difficoltà con progetti mirati per lo più al settore medico, all’educazione, ad obiettivi umanitari, al sostegno alimentare, e per le emergenze di ogni genere come guerre, cataclismi naturali, siccità; ma anche con iniziative a tutela dei diritti umani, sostegno alle donne per il “gender balance”, protezione dei minori, libertà religiosa, affermazione dei principi dello Stato di diritto e del buon governo. Comprensibile la forte preoccupazione delle leadership africane di fronte alla prospettiva di azzeramento degli innumerevoli interventi, inclusi quelli già cominciati ma non ancora conclusi.
Sotto un profilo strategico il forte ridimensionamento delle iniziative di sviluppo americane interviene in un momento di accentuata competizione globale sul Continente africano, con una serie di Attori globali (Russia, Monarchie del Golfo, Turchia, Cina ed altri) molto combattivi e spregiudicati nell’accaparramento di posizioni di privilegio nei 54 Stati dell’Africa. L’arretramento della cooperazione statunitense sembrerebbe quindi indicare, se confermata, che l’Amministrazione Trump non è particolarmente interessata alle sorti dell’Africa, come peraltro dimostrò anche durante la Presidenza precedente.
Ciò lascia all’Ue, auspicabilmente unita e non in ordine sparso, un altro rilevante ambito su cui cimentarsi con rinnovato vigore, magari occupandosi non solo di affari, miniere e terre rare, ma anche di valori, principi e buon governo, quale ulteriore argine contro le autocrazie in aumento (anche in Africa).
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